Al negazionismo di Trump risponde Xi Jinping, che candida la Cina a leader dell’ecologia

Sole, caldo e bagni fuori stagione. Il mite ottobre italiano, benché piacevole, ha celato una situazione problematica. Innanzitutto la permanenza di agenti inquinanti nell’aria delle città. Per limitare la concentrazione media di polveri sottili che in città come Milano e Torino è arrivata oltre i 100 microgrammi per metro cubo, quando il limite è 50, servono pioggia e vento. Quest’estate, poi, è stata la seconda più calda degli ultimi 150 anni.

Sulle cause di queste anomalie gli esperti internazionali hanno pochi dubbi. Si tratta dei segnali inconfutabili di un riscaldamento progressivo che il nostro Pianeta subisce a causa dell’effetto serra, provocato dalla generazione di energia a mezzo di combustibili fossili nell’industria, nell’allevamento e nell’agricoltura.

Dal 1985 in poi, la temperatura terrestre non ha fatto che aumentare e, ormai, è in atto un vero e proprio squilibrio climatico. Non ci sono più le mezze stagioni. I risultati sono evidenti, in termini economici con il settore agricolo che ha perso 2 miliardi di euro per le siccità e le precipitazioni estreme, e nel quotidiano con la diffusione di insetti e temporali tropicali anche alle nostre latitudini.

Ci salveranno gli accordi di Parigi, firmati nel 2015. O forse no. I meteorologi sono chiari, se gli accordi di Parigi verranno messi in atto, potremo limitarci a un aumento di due gradi, altrimenti saranno cinque. Questo, ovviamente, su scala globale; il che vuol dire che a livello locale si potrebbero registrare aumenti imponenti, fino agli otto gradi in Italia (più o meno il clima pakistano). Il punto è che i governi devono impegnarsi.

Proprio quello del clima è stato uno degli argomenti trattati da Xi Jinping durante il discorso tenuto al diciannovesimo congresso del Partito Comunista il 18 ottobre. Evento ha una grande importanza per la politica cinese, dal momento che decide il futuro del partito, della leadership e dell’economia per i successivi cinque anni.

Xi Jinping è stato consacrato come il leader cinese più potente dai tempi di Mao Zedong dopo che un nuovo segmento di pensiero politico che porta il suo nome è stato aggiunto alla costituzione del Partito Comunista.

Come Trump per gli Usa, Xi è convinto che la Cina sia una grande nazione che deve proteggersi al suo interno e che può essere la prossima superpotenza mondiale. Ma a differenza del suo collega americano, che si è ritirato dagli accordi di Parigi per la mitigazione dell’effetto serra, ha dedicato una parte importante della sua orazione all’ambiente, sostenendo che il suo Paese sia pronto a prendersi grandi responsabilità.

La Cina deve prendere il posto di guida per quanto riguarda la protezione del Pianeta per le future generazioni, questo il volere del leader cinese. Se gli Sati Uniti di oggi appaiono governati da chi fa del negazionismo ambientale una teoria politica, la Cina si oppone proponendosi come portabandiera della cooperazione internazionale per condurre i governi del mondo ad adottare misure sempre più efficaci di contrasto all’effetto serra. Xi si esprime anche in campo emotivo, proponendo di amare il pianeta Terra come facciamo con le nostre vite, perché ogni danno che infliggeremo si ripercuoterà su di noi.

La mossa è ambiziosa e lo sforzo non sarà da poco. La Cina infatti, proprio perché vuole essere una grande potenza e individua in questo tipo di impegno il modo per ottenere molto più rispetto a livello mondiale, rimane il Paese responsabile della maggior parte delle emissioni di gas serra. Alcuni risultati sono, però, già stati ottenuti, con la riduzione dell’emissione di anidride carbonica del 33,8%, l’utilizzo dei combustibili non fossili attestato all’11,2% e la superfice boschiva incrementato di 21,6 milioni di ettari. Nel contesto degli accordi di Parigi, la Cina si è impegnata a tagliare le emissioni di carbonio del 40-45% entro il 2020, ad aumentare l’impiego di fonti rinnovabili del 15% e le aree forestali di oltre 40 milioni di ettari.

Va detto che segnali positivi arrivano anche da altri Paesi: Parigi metterà al bando le auto diesel entro il 2030, Oxford eliminerà sia i motori diesel che benzina entro il 2020, mentre l‘Olanda chiuderà tutte le centrali a carbone entro il 2030.

Francesco Luise