Brasile. Bolsonaro ha nominato ministro della Giustizia il giudice Moro che ha fatto fuori Lula. Il commento di Gherardo Colombo

In Brasile fa discutere la nomina effettuata dal nuovo presidente Jair Bolsonaro di Sérgio Moro, il giudice simbolo dell’operazione che ha messo fuori dai giochi elettorali l’ex presidente Lula, a ministro della Giustizia e della Sicurezza pubblica. Lula ha infatti vinto la corsa alle presidenziali proprio grazie alla messa in disparte di Lula, e di questo il giudice Moro ne è il principale artefice. Per alcuni è soltanto la messa in chiaro di qualcosa che veniva portato avanti sotto mentite spoglie.

Assieme a ciò, il reo confesso per il reato di finanziamento illecito della campagna elettorale Onyx Lorenzoni, è stato eletto nell’importante ruolo di capo della Casa Civil. Un’ammissione che è bastata all’estinzione del reato, per alcuni una vicenda inverosimile.

I legali di Lula, in risposta alla nomina del giudice hanno di nuovo presentato ricorso alla Corte Suprema per chiedere la sua scarcerazione e l’annullamento del processo, aggiungendo il fatto che nella vicenda Moro avrebbe solamente “seguito interessi politici, mantenendo durante la campagna elettorale i contatti con l’équipe del candidato Bolsonaro, malgrado fosse ancora il giudice incaricato del processo contro Lula”.

“Ritengo che un magistrato che voglia dedicarsi alla politica debba in primo luogo dimettersi definitivamente dalla magistratura, operando in tal modo una scelta senza ritorno. In secondo luogo, tra le sue dimissioni e l’ingresso in politica dovrebbe passare un certo lasso di tempo, soprattutto qualora abbia acquistato notorietà per il suo operato come giudice. In assenza di tali condizioni, è facile che si crei un’indebita confusione tra politica e giustizia”, è l’opinione espressa al Manifesto da Gherardo Colombo, ex magistrato del pool di Mani Pulite e presidente dell’associazione Sulle regole.

“Il lavoro di Moro ha avuto ricadute rilevanti sul piano elettorale. Il fatto che egli abbia accettato di diventare ministro, in maniera repentina, per la forza politica che ha tratto oggettivamente vantaggio dalle sue indagini potrebbe gettare più di un’ombra sulla sua effettiva indipendenza come giudice”, ha aggiunto Colombo. Che sull’accorpamento tra il ministero della Giustizia e quello della Sicurezza pubblica spiega “che esiste un problema non di poco conto. Tra l’esercizio della giustizia e il compito di garantire la sicurezza possono infatti sorgere contrasti di interesse difficilmente sanabili”. “In Italia, per esempio, è inammissibile che il magistrato che ha eseguito le indagini possa giudicare ed emettere la condanna, senza alcuna separazione tra chi si occupa delle indagini e chi provvede al giudizio”, ha così concluso il giudice. “Che è invece quanto è avvenuto nel caso di Lula. Inoltre, non è possibile che, al di fuori della sede giudiziaria, un giudice esprima valutazioni sul processo di cui si sta occupando, mentre non è insolito che ciò avvenga in Brasile”.