Cento migranti annegati al largo della Libia. Sgominata una banda di trafficanti in Sudan

Nuova ecatombe in mare per cento migranti. A svelarla sono i racconti dei pochi sopravvissuti di un naufragio avvenuto ben 10 giorni fa, raccolti dalla ong Medici senza Frontiere (Msf). Nell’anno in cui si registrano meno arrivi di migranti e meno vittime sulla rotta del Mediterraneo, non si ferma la drammatica sequenza di morte: in questo caso, hanno perso la vita uomini, donne e 20 bambini di cui due di appena 17 mesi.

Cinquantacinque le persone tratte in salvo, di cui la maggior parte presenta ustioni chimiche estese, causate probabilmente dal carburante. Il fatto è avvenuto il primo settembre. I superstiti sono stati recuperati e portati a Khoms, in Libia (120 chilometri a est di Tripoli) il giorno dopo.

Si tratta di una delle tante storie che si ripetono: due gommoni sono partiti dalle coste libiche con a bordo, ognuno, oltre 160 persone, provenienti da Sudan, Mali, Nigeria, Camerun, Ghana, ma anche Libia, Algeria ed Egitto. Uno dei due gommoni si ferma per un guasto al motore, ma non affonda, e i migranti verranno soccorsi il giorno dopo dalla guardia costiera libica. Il secondo continua la sua rotta verso l’Europa ma, dopo poche ore, comincia a sgonfiarsi. A bordo in pochi hanno il salvagente, e ancora meno sanno nuotare. Un sopravvissuto racconta di aver chiamato il numero della guardia costiera italiana, mentre le persone cominciavano a cadere in acqua. Sono arrivati «soccorritori europei» in aereo, lanciando zattere di salvataggio, ma la barca è già affondata e capovolta e molti sono affogati. Sempre secondo il racconto riferito ieri dagli operatori della ong, il giorno dopo è intervenuta la guardia costiera libica che ha soccorso i naufraghi di entrambi i gommoni — 276 persone in tutto— portandoli in un centro a Khoms. Solo due corpi dei cento dispersi in mare sono stati recuperati.

Tra gennaio e agosto di quest’anno, secondo i dati di Msf, la guardia costiera della Libia ha riportato indietro 13.185 migranti. Ma l’organizzazione umanitaria, nel suo rapporto su quest’ultimo tragico episodio, ricorda che, «invece di ricevere il sostegno di cui hanno bisogno, i rifugiati e i migranti vengono detenuti in condizioni di vita deplorevoli e rischiano di tornare a essere vittime della tratta, poiché spesso le reti criminali sono l’unica opzione per queste persone».

Intanto una rete per il traffico di esseri umani è stata smantellata a fine agosto a Khartoum, capitale del Sudan, e 94 persone, tra cui 85 bambini, alcuni dei quali stavano lavorando in miniere d’oro illegali, sono state portate in salvo: lo ha annunciato ieri l’Interpol. L’Operazione Sawiyan, che si è svolta dal 26 al 30 agosto, ha consentito l’arresto di dodici donne e due uomini durante un raid effettuato dalla polizia locale, con il sostegno dell’organizzazione internazionale della polizia criminale. La missione aveva come principale obiettivo «diversi punti nevralgici» della città come l’aeroporto internazionale e le miniere d’oro all’aperto situate nell’est, ha reso noto l’Interpol. Si sospetta che le persone arrestate appartengano a gruppi criminali che fanno commercio di «immigrazione clandestina, lavoro minorile e accattonaggio forzato». «La diversità delle nazionalità delle persone salvate (Sudan, Sud Sudan, Ciad, Repubblica del Congo, Eritrea, Niger) mostra fino a che punto il traffico di esseri umani e la tratta di esseri umani è un vero problema transnazionale, che richiede una risposta internazionale coordinata», ha dichiarato Tim Morris, direttore esecutivo dei servizi di polizia dell’Interpol.

Numerose vittime della rete smantellata sono minorenni, e lavorano in condizioni di estrema precarietà. Ragazzi molto giovani, alcuni hanno soltanto dieci anni, sono stati ritrovati mentre manipolavano prodotto tossici, come il “mercurio di cianuro”. Circa ventimila dollari sono stati ugualmente confiscati durante l’operazione, erano probabilmente la somma radunata dai trafficanti dopo il rapimento di un migrante, anche lui vittima del traffico di esseri umani. L’operazione ha reso necessaria la mobilitazione di 200 militari sudanesi appartenenti all’agenzia locale di Interpol e ai servizi che contrastano il traffico di esseri umani e proteggono l’infanzia.

Fonte: l’Osservatore Romano