Don Sturzo verso gli altari a 58 anni dalla morte

Si è chiusa la fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione di don Luigi Sturzo. Sacerdote cattolico, antifascista e fondatore del Partito Popolare Italiano, Don Sturzo è morto 58 anni fa, quindi non è bastato mezzo secolo alla Chiesa Cattolica per riconoscerne i meriti spirituali, la grandezza umana, la genialità della sua visione politica. Ed è probabile che ci sia voluta la spinta di Francesco, il primo Papa non europeo, e il distacco dalla politica di monsignor Angelo De Donatis, un vicario di Roma scelto tra preti non in carriera, perché si potesse arrivare al passo compiuto oggi.

Ma anche in vita Don Sturzo dovette subire le incomprensioni delle Gerarchie ecclesiastiche. Nel corso della cerimonia di oggi, è stato ricordato che Giovanni XXIII disse all’allora suo segretario personale, Loris Capovilla, che Don Sturzo “non ha nulla da rimproverarsi. Altri dovrebbero chiedere perdono a lui. La Chiesa lo ringrazia per l’esempio di preclare virtù sacerdotali, l’onore resole con i suoi studi, le sue pubblicazioni, la sua generosa ed eroica accettazione dell’esilio e soprattutto di aver sempre lottato con amore e perdonato evangelicamente”. La visione di Sturzo, sorprendentemente moderna per la sua condanna dello statalismo, si basava sulla politica come servizio della carità, spiegò lo stesso sacerdote siciliano nel suo primo proclama “Ai Liberi e Forti” per la fondazione del Partito Popolare Italiano, in cui egli non volle impegnare direttamente la Chiesa, ma soltanto alcuni cattolici italiani.

“Pagò con un esilio di ventidue anni in Inghilterra prima e negli Stati Uniti poi, il non essersi piegato al regime fascista e, rientrato in Italia nel 1946, muore a Roma nel 1959, dopo che il presidente della Repubblica Luigi Einaudi lo aveva nominato Senatore a vita nel 1952, una nomina che Don Sturzo aveva accettato solo dopo che gli era stata concessa la dispensa esplicita da parte di Pio XII”, ha ricordato monsignor Slawomir Oder, delegato dal vicario del Papa a presiedere il tribunale diocesano.
Anche Giovanni Paolo II lo poneva ad esempio del clero e cosi’ raccomandava ai seminaristi, ai sacerdoti ed ai religiosi l’ammirazione il servo di Dio affinche’ “la vita, l’insegnamento e l’esempio di Don Luigi Sturzo, il quale, nella piena fedeltà al suo carisma sacerdotale, seppe infondere non solo nei Siciliani ma nei cattolici italiani il senso del diritto-dovere della partecipazione alla vita politica e sociale alla luce dell’insegnamento della Chiesa – siano presenti ed ispirino il loro apostolato di evangelizzazione e di promozione umana”. Dal canto suo infine Benedetto XVI, il 30 settembre 2009 in piazza San Pietro, auspico’ che “l’esempio luminoso ai Don Sturzo e la sua testimonianza di amore, di liberta’ e di servizio al popolo siano di stimolo e di incoraggiamento per tutti i cristiani e specialmente per quanti operano in campo sociale e politico, affinchè diffondano con la loro coerente testimonianza il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa”.
Dal canto suo anche Benedetto XVI, il 30 settembre 2009 in Piazza S. Pietro, auspicava che “l’esempio luminoso ai Don Sturzo e la sua testimonianza di amore, di libertà e di servizio al popolo siano di stimolo e di incoraggiamento per tutti i cristiani e specialmente per quanti operano in campo sociale e politico, affinchè diffondano con la loro coerente testimonianza il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa”.