Colombia: morto padre Antonio Bonanomi, missionario della Consolata, costruttore di pace e riconciliazione

“Ho incontrato varie volte padre Antonio Bonanomi a Bogotá, al Centro Missioni e Culture dei missionari della Consolata”. Il cooperatore ed esperto di diritti umani Cristiano Morsolin ricorda, dalla capitale colombiana, padre Antonio Bonanomi, missionario della Consolata morto il 7 gennaio all’età di 84 anni: “Nel 2012 gli proposi una ricerca sociologica sul suo lavoro missionario in prima linea, sulla scia del Concilio Vaticano II e della Conferenza di Medellín. Aveva seguito il cammino tracciato dal primo sacerdote cattolico indigeno Nasa, padre Alvaro Ulque. Spero che sia possibile raccogliere i numerosissimi articoli pubblicati da padre Antonio, che sono la dimostrazione di una grande ricchezza spirituale e sociale. Padre Bonanomi è stato sempre molto coraggioso nelle sue scelte, è stato un missionario scomodo, ma sempre sostenuto dalla sua congregazione della Consolata”.
Da Toribío diverse le reazioni improntate alla gratitudine ed espresse attraverso Facebook. Manuel Rozental, leader sociale del Consiglio indigeno dei popoli del Cauca Cric, scrive: “È stato un brillante antropologo, un consigliere molto vicino ed esigente, un educatore singolare, un attento osservatore e un amico. Mi ha accolto nella parrocchia di Toribío. Abbiamo vissuto insieme, sotto la sua leadership e il suo coraggio, attacchi, molestie, scambi di prigionieri, false accuse, condanne a morte, bugie. Ti sei esposto con il tuo corpo, la tua vita, faccia a faccia e, aspettandoti di essere ucciso, hai parlato chiaro ed hai chiesto e sempre più ottenuto il rispetto di tutte le autorità, capi e comandanti”.
Isadora Cruise, altra leader indigena (nella foto con padre Antonio), ricorda il suo camminare tra le comunità, il lavoro con i giovani attratti dai gruppi armati, il suo impegno per processi educativi autonomi… alcune cose tra le tante. A noi, che allora eravamo giovani, sapeva dire in mezzo alle sue battute frasi piene di tanta saggezza e tenerezza, perché ogni conversazione con lui ci faceva pensare”.

Fonte: Sir