Don Saverio Calabrese, parroco e sfruttatore di ragazze dell’Est? L’arcivescovo di Taranto lo ha sospeso

La curia arcivescovile di Taranto ha sospeso con provvedimento d’urgenza il parroco di Monteparano, già cappellano del penitenziario di Taranto, il 68enne don Saverio Calabrese, che è accusato, con altri 12, di fare parte di un’associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione.

“In merito alle ultime gravi vicende ascritte a carico del parroco di Monteparano, il sacerdote Saverio Calabrese, si rende noto – afferma un comunicato della Curia – che l’arcivescovo di Taranto monsignor Filippo Santoro, ha provveduto immediatamente, in via cautelativa, al decreto di sospensione dell’interessato dal ministero pastorale. Se le autorità competenti lo consentiranno, l’arcivescovo auspica che il provvedimento al quale don Calabrese è stato sottoposto, possa essere trascorso in un luogo diverso dal territorio parrocchiale per ovvie ragioni riconducibili alla serenità e al rispetto per la comunità monteparanese. È ai parrocchiani, infatti, che va il primo pensiero di paterna vicinanza di monsignor Santoro in questa difficile prova. L’arcivescovo assicura che fin da oggi la comunità sarà seguita da un sacerdote incaricato dalla curia.

Attendendo le motivazioni non ancora pienamente conosciute circa le misure restrittive nei confronti di don Saverio, per il quale non verrà meno l’interessamento della Diocesi, invita l’intero presbiterio e tutta la comunità diocesana alla preghiera e alla fiducia nella Chiesa e nelle Istituzioni”.

A spiegare l’intreccio di questo ennesimo scandalo che coinvolge un prete è arrivata una nota degli inquirenti. Otto in carcere, cinque ai domiciliari (fra essi il prete): queste le ordinanze di custodia cautelare. L’indagine è della procura di Taranto, le operazioni della squadra mobile tarantina e di quelle di Lodi e Vibo Valentia (qui il video). Secondo l’accusa veniva gestito, dall’organizzazione, un traffico di ragazze dall’est europeo.

L’attività di indagine, condotta anche mediante il ricorso ad intercettazioni, ha portato alla luce un sodalizio di ampiezza transnazionale – reso ancor più stabile e solido dai rapporti di parentela e di coniugio esistenti tra alcuni dei sodali (tutti di nazionalità rumena) –, dedito allo sfruttamento della prostituzione ai danni di alcune giovani ragazze prevalentemente provenienti dall’Est Europa, che venivano collocate su strada, indotte alla prostituzione, e sottoposte a “protezione” dietro il pagamento di somme di denaro.

La vicenda ha preso le mosse dagli esiti di un servizio predisposto dalla Questura di Taranto nell’agosto 2017 per il contrasto alla prostituzione, occasione in cui effettuando dei controlli lungo la Via Alberto Sordi di Taranto, già S.P. 105, ove notoriamente esercitano il meretricio numerose cittadine straniere, si è appurato come alcune di loro si vendevano sotto il controllo locale di una 30enne rumena, a sua volta prostituta, stabilmente radicata in terra jonica (nel Comune di Faggiano), nonché testa di ponte sul territorio.

Sottoposte al “controllo” della citata donna, sorretta in ciò da altri quattro soggetti (anche loro di origine rumena, ma in posizione di sovra-ordine od intermedia rispetto alla stessa – tutti destinatari del provvedimento di cattura), le giovani ragazze corrispondevano settimanalmente somme di denaro (circa 400 euro) quale corrispettivo non solo della locazione del “posto letto” loro offerto all’interno dell’abitazione della maitresse, ma anche per poter esercitare la prostituzione nei luoghi assegnati senza correre rischi e senza alcuna ripercussione di sorta.

Oltre a coordinare e organizzare la prostituzione delle giovani ragazze, assegnando loro i posti da occupare, l’indagata provvedeva a creare rapporti con soggetti impiegati come autisti per raggiungere il posto di lavoro, risolvendo le controversie che potevano insorgere non solo tra le sue stesse “ospiti”, ma anche tra queste e altre concorrenti.
Diverse le condotte di induzione e sfruttamento della prostituzione attuate dal sodalizio in parola nonché da altri soggetti – comunque in contatto con i componenti dell’associazione –, sia nei territori di Taranto e San-Giorgio Jonico (Ta), che in quelli di Foggia, Melegnano (Mi) e Mornico al Serio (Bg), in un periodo compreso tra l’agosto 2017 ed il settembre 2018.
Per garantirsi il “controllo” di almeno una delle ragazze, ovvero costringerla a consegnare danaro ed a prostituirsi, ne venivano trattenuti i documenti di riconoscimento, minacciandola pure di spedizioni punitive nel caso non avesse adempiuto.

Al momento dei fatti, due dei componenti del sodalizio – in posizione sovra-ordinata rispetto agli altri – risultavano ristretti in Francia, presso il carcere di Lyon Corbas, per gravi reati contro la persona (fra cui anche quello di tratta di esseri umani ed associazione a delinquere). Dall’interno delle mura del carcere in cui erano detenuti, i due proseguivano tuttavia nel compimento delle condotte illecite, gestendo a distanza (via internet) l’attività di meretricio delle giovani donne (di cui ricevevano parte dei ricavi) . L’analisi di alcuni video postati su profili Facebook a loro riconducibili – dalla cui visione si comprendeva chiaramente che nel corso delle registrazioni si trovavano entrambi all’interno di una stanza dalle caratteristiche di una cella carceraria –, ha consentito di appurare come i predetti avessero la disponibilità di apparecchi cellulari, impiegati per eseguire i collegamenti via web.
I rimanenti indagati, tutti italiani e dimoranti in Taranto, San Giorgio Jonico e Monteparano, la maggior parte dei quali destinatari invece della misura cautelare degli arresti domiciliari, rispondono esclusivamente di favoreggiamento ed agevolazione della prostituzione, essendosi prestati in maniera continuativa e stabile a fornire assistenza alle prostitute, ovvero piena disponibilità nei confronti dell’unica donna componente il suddetto sodalizio criminale, e di riflesso anche nei confronti delle ragazze da quest’ultima gestite.