Eravamo quattro amici al meet-up. Il graffio di Vittorio Pasquino

Eravamo quattro amici al bar, cantava Gino Paoli. Canzone conosciuta da Bolzano a Palermo, fantastica. Quel tipo di parole che con dolci melodie riusciva a insegnarci tanto, dolcemente, come i proverbi detti dalle nostre nonne davanti a un ragù bollente. Ancora più divertente era la variazione comica del grande Dado di Zelig: eravamo quattro amici al bar, uno ha vinto al superenalotto, ha cambiato il bar e tutti gli amici.

Ecco, forse, quest’ultimo passaggio è quello più significativo per la situazione grillina attuale. Ho sempre avuto grande rispetto per gli amici dei meet-up. Certamente gli spettacoli di Beppe Grillo (ne ricordo uno fantastico all’Arena Flegrea di Napoli una decina d’anni fa) erano formativi ed interessanti: si vedeva che il comico studiava; Su Parmalat, Tanzi, contabilità creativa, ne capiva eccome. E in molti ne erano affascinati. Parecchi fraterni compagni del liceo iniziarono a bazzicare queste riunioni degli amici di Beppe Grillo. La maggior parte di loro, sono sincero, mi faceva un po’ di tenerezza: mi sembrava ingenuo pensare di poter cambiare l’Italia parlando di biciclette elettriche e di energie alternative a buon mercato.

Inoltre vedevo, e qui fischieranno le orecchie a qualcuno, infilarsi nei vari gruppi del Movimento molti personaggi della mia età e di mia conoscenza che erano stati spernacchiati dopo aver cercato in tutti i modi di entrare nei partiti “classici”. Vedevo cioè che molti avevano trovato il loro refugium peccatorum in cui cercare di farsi valere. Quasi dieci anni dopo, in pratica, mi sbagliavo: a quanto pare, avevano ragione loro. Capita nella vita di sbagliare. Eppure, non sono convinto di aver toppato. In effetti io ricordo i grillini spernacchiare Bersani nel 2013; ricordo le parole di fuoco contro chi aveva affossato l’italia.

Ricordo Grillo, urlare  ai vecchi partiti “arrendetevi, siete circondati!!”. Ricordo insulti pesanti. Poi, è successo qualcosa. Si è iniziato a succedere che il MoVimento ha preso percentuali pesanti; si è inserito alla grande nel vuoto politico attuale (Renzi, Berlusconi, Fini e compagni hanno responsabilità pesantissime è inutile nasconderlo); è accaduto che il MoVimento si prendesse Roma e Torino e raggiungesse percentuali di gradimento vertiginose fino a diventare, è storia recentissima, il primo partito italiano. In questa mutazione sono avvenute tante cose, che ben conoscete.

Poi, la bomba dei giorni nostri, di queste ore. Dopo aver flirtato con la Lega di Salvini, unico partito su cui non si era mai stati reciprocamente troppo duri in questi anni, il M5S ottiene da Mattarella un incarico esplorativo mirato per fare un governo col PD. In questi giorni Fico sta febbrilmente cercando sponde per formare un governo che, con ogni probabilità, sarà “del Presidente”. Non so se avete letto, ma in molti tra i democratici preoccupatissimi di doversi cercare un lavoro, stanno già tirando Renzi per la giacchetta pregandolo di guidare il partito e di fatto benedire quest’intesa. Bene, che male c’è? Lo dico apertamente. Non c’è nessun male, signori.

Però va detta una cosa. Fico era quello che definiva il Pd un partito “permeabile ad affaristi, lobbisti, criminali”; ha sempre rappresentato, con Di Battista, la componente più ortodossa del Movimento che ora sta scoprendo quello che persone “appassionate della politica” come il sottoscritto, hanno detto a loro ed agli attivisti da tanti anni. Questa è la politica. Cercare convergenze, trovare sintonie, provare a cucire volontà comuni. La politica non è insulto, rissa, “ammuina”. Non può essere cercare soluzioni semplici e demagogiche come il reddito di cittadinanza. La politica è studio, sostanza, capacità di sintesi. I grillini, che prima schiumavano rabbia contro il vecchio apparato, si trovano ora a sedersi con il loro “diavolo” fianco a fianco cercando di salvare lo stesso mondo che fino a poco tempo fa volevano distruggere. Mi dispiace per i miei amici attivisti, che si stanno arrampicando sugli specchi in queste ore.

“Non è un governo, è un contratto. È colpa della legge elettorale”. Cavolate. Non è nessun contratto e non è colpa di nessuno. Sarà un governo bello e buono con tanto di ministri e programmi filoeuropeisti, bilanci sotto controllo e politiche accorte. E’ la competizione mondiale bellezza, e noi stiamo ancora scontando i bagordi anni’ 80. A questo punto un sincero augurio di buon lavoro; tutto sommato ci sono tanti tra i 5 stelle bravi e preparati e sono convinto che si faranno sentire. Una tirata d’orecchie al loro elettorato, consentitemela.

Con affetto. La prossima volta, non siate ingenui. Non pensate a soluzioni facili, lasciate perdere la rabbia e le parole tonanti. Guidare un paese è cosa seria e concreta. Non si possono tagliare enti pubblici, promettere soldi facili, chiudere frontiere come se fossimo in un gioco di società. Lo dico dall’esterno, da chi non è dei “vostri”: essere istituzione è compito delicato e richiede concretezza e capacità. E’ tutto molto più complesso, diceva qualcuno. Sono convinto, comunque, che darete una grande mano.. Un sincero buon lavoro, viva l’Italia, viva il 25 aprile.

 

Vittorio Pasquino