Papa Francesco commosso nella cella della morte utilizzata prima dai nazisti e poi dal Kgb. Il grido di Gesù risuona nel ghetto di Vilnius. “Dio mio perchè mi hai abbandonato?”

L’umanità debole e innocente calpestata dai nazisti prima e poi dagli occupatori sovietici. Questo raccontano le celle di tortura del ghetto di Vilnius, utilizzate prima dalla Gestapo e poi dal Kgb. Il male brutale consumato dal 1944 agli anni ’60 in due piccoli stanzini di 60 centimetri l’uno, senza soluzione di continuità. Papa Francesco le ha visitate oggi pomeriggio al suo rientro nella capitale lituana dopo la tappa di Kaunas, che è stata ricchissima di riflessioni e parole proprio sul tema della dignità umana. E più di una volta il Pontefice è apparso chiaramente sul punto di piangere, in particolare nella stanza delle esecuzioni dove sono stati uccisi più di mille prigionieri dei due regimi sanguinari che hanno oppresso i paesi baltici. Quello che impressiona è appunto la continuità tra le brutalità consumate in questi luoghi.

“Lituani e provenienti da diverse nazioni hanno sofferto nella loro carne il delirio di onnipotenza di quelli che pretendevano di controllare tutto”. Queste 20 celle che oggi sono il Museo delle Vittime del Ghetto di Vilnius, per il Papa sono state il Calvario “del dolore e dell’amarezza, della desolazione e dell’impotenza, della crudeltà e del non senso che ha vissuto questo popolo lituano di fronte all’ambizione sfrenata che indurisce e acceca il cuore”. “In questo luogo della memoria – ha scandito – ti imploriamo, Signore, che il tuo grido ‘Dio mio, Dio mio perchè mi hai abbandonato?’ ,ci mantenga svegli. Che il tuo grido, Signore, ci liberi dalla malattia spirituale da cui, come popolo, siamo sempre tentati: dimenticarci dei nostri padri, di quanto è stato vissuto e patito. Che nel tuo grido e nella vita dei nostri padri che tanto hanno sofferto possiamo trovare il coraggio di impegnarci con determinazione nel presente e nel futuro; che quel grido sia stimolo per non adeguarci alle mode del momento, agli slogan semplificatori, e ad ogni tentativo di ridurre e togliere a qualsiasi persona la dignità di cui Tu l’hai rivestita”.

“Signore – ha pregato ancora Francesco – che la Lituania sia faro di speranza. Sia terra della memoria operosa che rinnova gli impegni contro ogni ingiustizia. Che promuova creativi sforzi nella difesa dei diritti di tutte le persone, specialmente dei più indifesi e vulnerabili. E che sia maestra nel riconciliare e armonizzare le diversità. Signore, non permettere che siamo sordi al grido di tutti quelli che oggi continuano ad alzare la voce al cielo”.