Francesco e i suoi nemici sedevacantisti, che hanno perso potere e soldi (di S. Izzo)

“Vergogna per tutte le volte che noi vescovi, sacerdoti, consacrati e consacrate abbiamo scandalizzato e ferito il tuo corpo, la Chiesa; e abbiamo dimenticato il nostro primo amore, il nostro primo entusiasmo e la nostra totale disponibilità, lasciando arrugginire il nostro cuore e la nostra consacrazione”. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella struggente preghiera da lui composta e recitata, come ormai tradizione, al termine della suggestiva Via Crucis del Venerdì Santo 2017 al Colosseo. La riporta il vaticanista del ilfattoquotidiano.it, Francesco Grana, nel suo libro “Sedevacantisti”, edito da Tau. Il volume racconta che “si è rotto il tabù di parlare apertamente dei nemici di Francesco, più dentro che fuori la Chiesa, e soprattutto nella Curia romana”. Secondo il collega, “non si tratta certamente di una pagina inedita per la storia della Santa Sede”. Su questo è emblematico ciò che l’allora Segretario di Stato di Pio VII, il cardinale Ercole Consalvi, disse a Napoleone Bonaparte che voleva distruggere la Chiesa: “Maestà, fareste una fatica inutile. Sareste vinto. Non siamo riusciti noi, noi preti, noi cristiani, con le nostre debolezze, con le nostre infedeltà, a distruggere la Chiesa! E vorreste riuscirci voi?”.

Il ‘brusco risveglio’ con Papa Bergoglio

Tutto nasce quando si è compreso, in Curia ma in generale nell’apparato ecclesiastico (cardinali, vescovi ma anche semplici parroci che hanno dovuto ridisegnare la propria amministrazione quotidiana perché Francesco ha abolito il “tariffario” delle celebrazioni) che “il vescovo di Roma chiamato quasi alla fine del mondo” aveva tutta l’intenzione, la forza e le idee per comandare, decidere, guidare. Per molti, infatti, dopo il periodo lasso coinciso con l’ultima parte del Pontificato di San Giovanni Paolo II (che dal 2000 era ormai malato) e con la “distratta” gestione Bertone (del quale si è parlato nel recente processo per la distrazione dei fondi dell’Ospedale Bambin Gesù) di quello di Benedetto XVI , l’arrivo di un Papa così è stato un brusco risveglio. Francesco infatti, spiega Grana, chiede “attivismo pastorale, non un arido efficientismo o peggio ancora funzionalismo, entrambi bollati chiaramente e con forza”. E poi la condanna netta delle auto blu degli ecclesiastici, delle cordate carrieristiche e le chiacchiere equiparate al terrorismo. Per non parlare della severità con la quale Francesco valuta certi comportamenti ambigui comuni però a molti consacrati.

La condanna dei comportamenti ambigui

Emblematico è stato ciò che ha detto Bergoglio, il 9 dicembre 2015, sempre durante un’omelia della messa nella cappella di Casa Santa Marta: “Su rigidità e mondanità, è successo tempo fa che è venuto da me un anziano monsignore della curia, che lavora, un uomo normale, un uomo buono, innamorato di Gesù e mi ha raccontato che era andato all’Euroclero a comprarsi un paio di camicie e ha visto davanti allo specchio un ragazzo – lui pensa non avesse più di 25 anni, o prete giovane o (che stava) per diventare prete – davanti allo specchio, con un mantello, grande, largo, col velluto, la catena d’argento e si guardava. E poi ha preso il ‘saturno’, l’ha messo e si guardava. Un rigido mondano. E quel sacerdote – è saggio quel monsignore, molto saggio – è riuscito a superare il dolore, con una battuta di sano umorismo e ha aggiunto: ‘E poi si dice che la Chiesa non permette il sacerdozio alle donne!’. Così che il mestiere che fa il sacerdote quando diventa funzionario finisce nel ridicolo, sempre”. “Così come nel ridicolo – racconta Grana nel suo libro – è finito un novello sacerdote campano che in una delle sue prime uscite pubbliche ha sfoggiato una berretta nera, rigorosamente di seta, il cui costo, se speso in modo diverso, avrebbe potuto sicuramente aiutare uno dei tanti senza fissa dimora. Quale sacerdozio per questo giovanissimo prete? In cosa consiste la sua vocazione? Uno stile, quello di indossare fastosi abiti prelatizi, molto amato dal cardinale Burke che si oppone con insistenza alle aperture di Francesco”.

Quella votazione di troppo

Ma perché si è creata in effetti quasi subito una corrente “sedevacantista”? Certo conta che oggi in Vaticano ci siano in effetti due uomini vestiti di bianco, anche se in questi anni di inedita convivenza tra Ratzinger e Bergoglio, è accresciuta la loro sincera e profonda amicizia: tuttavia al silente (ma non del tutto) Benedetto XVI fanno costante riferimento i mistificatori anti Bergoglio. L’argomento che utilizzano questi nemici del Papa per dire che è ancora in carica il predecessore si appoggia su un dettaglio del Conclave. Nella biografia del Papa latinoamericano, Francesco. Vita e rivoluzione , scritta dalla giornalista del quotidiano di Buenos Aires La Nacion, Elisabetta Piqué, amica di lunga data di Bergoglio, vengono svelati numerosi particolari inediti del conclave del 2013. Diverse sono le indiscrezioni sulle votazioni che hanno portato alla fumata bianca che emergono dal racconto. Ma è una rivelazione in particolare, abilmente distorta dai detrattori di Bergoglio, a essere usata per sostenere l’ipotesi, che per alcuni diviene addirittura certezza, che Ratzinger sia ancora il Papa felicemente regnante. Alla quarta votazione nella Cappella Sistina, la prima del pomeriggio del 13 marzo, l’arcivescovo di Buenos Aires sfiora il quorum dei 77 consensi necessari per l’elezione. Subito dopo, per la quinta volta gli elettori depongono la scheda nell’urna. Ma qualcosa non funziona. Il cardinale che conta le schede si accorge che ce n’è una in più: 116 voti per 115 elettori. Uno di loro, per errore, ha scritto il suo voto sulla scheda ma non si è accorto che in realtà ne era rimasta attaccata anche un’altra bianca. Così al momento della conta, quel foglio in più rappresenta un problema.

Le schede non vengono scrutinate ma bruciate immediatamente, come prevede la legge elettorale del conclave, la costituzione apostolica Universi Dominici gregis promulgata da san Giovanni Paolo II nel 1996 , e si ripetono seduta stante le operazioni di voto. Finalmente, alla sesta votazione ma al quinto scrutinio, Bergoglio è eletto e sfiora, secondo l’autrice, i 90 consensi. Proprio questo incidente di percorso nell’ascesa al trono di Pietro del Papa gesuita è al centro della teoria con la quale Antonio Socci, nel suo libro ‘Non è Francesco’, sostiene che durante il conclave siano state violate le norme che lo regolano e quindi che l’elezione di Bergoglio è “nulla e invalida”. Secondo Socci, infatti, i cardinali elettori avrebbero dovuto rimandare al giorno successivo, ovvero al 14 marzo, la sesta votazione perché diversamente non sarebbero state rispettate le norme dell’Universi Dominici gregis. Una tesi smentita fermamente dal libro di Grana.

 

 

 

 

 

Salvatore Izzo per il blog Il Papa pop su Agi.it

 

Nella foto: il cardinale Burke, rimosso dal Papa prima da prefetto della Segnatura e poi da Patrono dell’Ordine di Malta