Gli interessi economici dietro anche alla guerra in Centrafrica. Traffici minerari e di armi

All’origine del conflitto in Centrafrica ci sono le rivalità per il controllo delle risorse economiche. Questo si nasconde anche qui dietro violenze e scontri tra gruppi armati in corso in diverse regioni. Lo denuncia il rapporto stilato dal Gruppo di esperti dell’Onu sulla Repubblica Centrafricana, che evidenzia l’esistenza di una vera e propria economia di guerra nell’ex colonia francese. A chiare lettere il documento respinge del tutto la teoria del conflitto di matrice confessionale, tra cristiani e musulmani, portata avanti da alcuni osservatori. Nel dettaglio gli esperti dell’Onu riferiscono che la mancata riunificazione dell’ex coalizione ribelle Seleka, autrice del colpo di stato del 2013 contro l’allora presidente Francois Bozize’, è da attribuire ad “interessi economici divergenti tra i leader del gruppo”. Allo stesso modo i diversi gruppi autodifesa molto attivi sul terreno, accanto alla milizia anti-balaka, sono “al servizio di interessi economici”. Il rapporto Onu documenta in dettaglio equilibri di potere, alleanze strette tra più parti per ottenere il controllo di alcuni mercati e creare modelli di organizzazione economica. Attori economici non musulmani hanno il monopolio delle attività commerciali nella zona tra Bangassou, Gambo e Bèma da quando alcuni gruppi di autodifesa da loro sostenuti hanno presso il controllo di questa porzione di territorio. Gli scontri, spesso causati da rivalità economiche tra le forze in campo, generano anche nuovi mercati.

combattimenti nel sud-est del paese stanno incrementando traffici di armi e munizioni, tramite la Repubblica democratica del Congo. Le violenze registrate a Bangassou durante il 2017 vengono spiegate con il tentativo dei gruppi di autodifesa di prendere il controllo di questo nuovo mercato milionario che coinvolge altri paesi vicini. In questo traffico di armi sarebbero coinvolti alcuni generali dell’ex ribellione Seleka, tra cui Moussa Assimeh e Zakaria Damane, che hanno firmato contratti di approvvigionamento in armi e munizioni consegnate nella localita’ di Bria, in provenienza dal Sudan. Nel nord-ovest del Centrafrica invece, la lotta in corso riguarda il controllo delle strade, lungo le quale transitano capi di bestiame. I gruppi armati presenti nella regione percepiscono cosi’ ingenti tasse ai posti di blocco allestiti. Il generale Bahar del Movimento patriotico per il Centrafrica ha persino creato un mercato di bestiame e istituito un corridoio terrestre diretto col Ciad vicino, gestendone l’importazione. Un altro settore molto redditizio sotto il dominio dei gruppi armati e’ quello dell’estrazione mineraria, con interi siti da loro controllati e societa’ create di sana pianta dagli insorti.
Nel rapporto Onu viene citato il caso della miniera d’oro di Koro-Mpoko, gestita dalla milizia anti-balaka e della societa’ Elite Securitè Rca, che garantisce la sicurezza dei ricercatori d’oro a Sosso-Nakombo. Il rapporto stilato da esperti internazionali avverte del rischio sempre maggiore di disintegrazione dello Stato centrafricano, che va di pari passo con la dominazione crescente di alcune fazioni dell’ex coalizione ribelle Seleka e del Fronte popolare per la rinascita del Centrafrica (Fprc). Questi due gruppi in particolare sono riusciti a creare vere e proprie strutture amministrative parallele che incassano tasse, mentre nei pressi dei centri minerari alcuni funzionari collaborano con i miliziani incaricati della sicurezza privata. L’Onu suggerisce al governo di Bangui una severa applicazione di provvedimenti restrittivi nei confronti dei capi delle principali fazioni.

Fonte: Agi