A pranzo con i migranti. Il Cardinale Bagnasco al Campus di Coronata, giudice severo al MasterChef della focaccia genovese

Il Cardinale Bagnasco ha visitato il Campus di Coronata, nei locali ristrutturati del ex Ospedale per Rachitici, già donazione della Duchessa di Galliera.

Nato come centro di accoglienza e scuola dei richiedenti asilo genovesi, il complesso, sito sulla collina di Coronata, splendida veranda su Genova e tutto il Golfo Ligure; oggi si propone sviluppare un ulteriore progetto di fattiva integrazione rivolto agli stessi profughi e alle fasce deboli del territorio cittadino.

Durante la visita, il Cardinale Bagnasco, assolutamente indifferente al tradizionale, rigido protocollo istituzionale, ha voluto personalmente verificare, quale esperto conoscitore della cucina genovese, le varie proposte di focaccia (alla salvia,alle olive,alla cipolla) sfornata dai nuovi fornai (provenienti dal Mali, dalla Nigeria, dal Gabon e anche dal Kashmir Pakistano), prodotta nel nuovo forno del Campus, sposata con moderate quote di bianchetta, il tipico vino della collina di Coronata, suggello e collante formidabile per unire tutti gli ingredienti del Progetto Coronata365.

Il Cardinale, dimostrando un finissimo palato e una selezionata cultura nell’ambito dei vini Liguri, ha poi benedetto un meraviglioso risotto al nero di seppia, la cui confezione è merito e cura di insegnamento a 3 profughi dalla Libia, aspiranti Cracco,dei volontari Giovanni Costa,Salvatore Salerno e Ezio Poddighe.

Verificato il clamoroso successo dei corsi di cucina,addetti alla sala, poi il Cardinale ha presa conoscenza dei progetti di formazione e cultura che possano favorire la integrazione nel territorio, l’apertura di spazi sociali diurni per anziani e altre fasce deboli, certi di una assistenza medica e farmaceutica in collaborazione con le Pubbliche Assistenze di zona.

Vivamente colpito dalla qualità della proposta di accoglienza,il Bagnasco si è complimentato con i volontari della Onlus “Un’altra storia”, lodando il loro impegno a trasformare l’ambito formativo un un vero progetto lavorativo.
L’integrazione dei richiedenti asilo insieme alla concreta possibilità di rimettersi in gioco per molti che sono precipitati nelle fasce cosiddette deboli.

Fototesto di Roberto Bobbio