Il prete che insegnò a Bergoglio a fare il chierichetto

Papa Francesco ha incontrato all’Udienza Generale il sacerdote argentino Raúl Perrupato, nato ottantasette anni fa nel barrio de Flores a Buenos Aires, a lui legato fin dal 1942 da un profondo sentimento di amicizia: erano vicini di casa e svolgevano insieme il servizio di ministranti in parrocchia. Più grande di cinque anni, Raúl ha in pratica insegnato al giovanissimo Jorge Mario a fare il chierichetto.

Ha vissuto a Buenos Aires ma è arrivato da Padova Dardo Darío Artigas Nilo che oggi ha i capelli imbiancati per i suoi cinquantotto anni: ne aveva appena tredici — è nato a Montevideo nel 1960 nel quartiere periferico La Teja per poi trasferirsi in Argentina — quando i suoi due fratelli Rubén e Alberto vennero portati via e divennero desaparecidos. Ne aveva quindici quando toccò a proprio a lui essere prelevato e torturato in carcere. E ne aveva diciassette quando a scomparire nel buco nero delle violenze furono sua sorella María Asunción con il marito Alfredo Moyano. «È proprio nel nome di mia sorella e di mio cognato che oggi sono venuto qui da Papa Francesco, con tutto il mio dolore ma anche con una tenace speranza: sto facendo di tutto per trovare i loro resti per una sepoltura cristiana» dice Dardo Darío, che lavora come infermiere a Padova.
A presentarlo al Papa è stata suor Geneviéve Jeanningros, che celebra i cinquant’anni di vita religiosa col carisma di Charles de Foucauld, quarantanove dei quali passati tra i poveri e i giostrai all’Eur e a Ostia. «Mia zia Léonie Duquet, religiosa francese missionaria in Argentina, sparì tra l’8 e il 10 dicembre 1977, insieme con la consorella Alice Domon e con altre donne. Torturata, è stata gettata in mare in uno dei tanti “voli della morte”» racconta suor Geneviéve.
«Sono consapevole — rilancia Dardo Darío — che il bene e la luce riescono a venir fuori e illuminare persino il buio più nero ed è una certezza che, per me, ha un volto e un nome: María Victoria. Mia sorella ha partorito la bambina il 25 agosto 1978 nel centro di detenzione denominato Pozo de Banfield: siamo riusciti a rintracciarla nel dicembre 1987 e a restituirle la sua vera identità». La sua famiglia, aggiunge, è sempre stata in prima linea nell’impegno a dare voce a quanti sono stati perseguitati e uccisi, soprattutto nell’ambito dell’associazione Madres y familiares de uruguayos detenidos desaparecidos.