Il Vangelo del giorno. Dio ha pietà di tutti, anche degli scandali, quando c’è vero pentimento (di E. Pallotta)

Elisa Pallotta

Prima Lettura Tt 1, 1-9 / Sal 23 / Vangelo Lc 17, 1-6

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!

Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai».

Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».

Commento

Oggi Gesù ci parla duramente degli scandali: è inevitabile che essi accadano, purtroppo, a causa delle tentazioni del mondo e del maligno. Ma guai a chi scandalizza i piccoli, e i piccoli possono essere piccoli nella fede, piccoli perché indifesi e bisognosi di aiuto, di certezze, di rassicurazioni e cure. Si può pensare ad un bambino come ad un neo-cristiano, che ancora deve fare una esperienza viva di Cristo, cosicché possa rimanere saldo nella fede.

Per chi lo scandalizza, “guai”: “È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!”. L’invito a stare attenti a noi stessi vuol dire di vigilare sulla nostra condotta, sempre, per rispetto di Dio e del prossimo. Lo scandalo deriva da una parola greca, scàndalon, ovvero “pietra di inciampo”. Scandalizzare vuol dire mettere una pietra di inciampo a qualcuno, nella fede o nella vita, farlo cadere, sia volontariamente che involontariamente, tramite una condotta non corretta.

Da qui il rimando a San Paolo, che parla della figura del vescovo, che può essere estesa a tutti quelli che vogliono essere davvero cristiani: “Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, deve essere irreprensibile: non arrogante, non collerico, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagni disonesti, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, padrone di sé, fedele alla Parola, degna di fede, che gli è stata insegnata, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina”.

Qual è la chiave per non essere scandalo? Ce lo dice il salmo, avere mani innocenti e cuore puro. Accostarsi a Cristo non per convenienza ma con sincerità di cuore, con amore e fede, senza commettere atti che possano far cadere in errore o turbare chi avrebbe solo bisogno di un buon esempio, di una buona parola, di vedere incarnata nei cristiani la parola di Gesù e il suo amore. Vero, autentico, senza ipocrisie, giudizi o moralismi.

“Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli”. Questa ultima parola è la chiosa dei tre versetti precedenti: chi rivolge il proprio cuore a un idolo, va contro il primo comandamento, quello di amare Dio sopra ogni cosa e con tutto sé stesso, ma ama di più qualcos’altro o qualcun altro. Questo atteggiamento non può conciliarsi con il cristiano, perché in tal modo agirà non in nome di Dio ma di un falso dio, e porrà inciampo a sé stesso e ad altri.

Amando Dio, rispetteremo i suoi comandi, e Dio prenderà dimora in noi. Dall’amore nasce ogni opera buona, quindi lasciamoci conquistare dall’esperienza dell’amore di Dio, che ci perdona sempre, “settanta volte sette” al giorno, cioè infinitamente, ogni volta che ci pentiamo. Questo amore è ciò che ci salva e ci fa amare davvero a nostra volta, perché fare esperienza di Dio e del suo amore è come un balsamo per le nostre ferite e sicuramente più facile che l’avere fede in sé.

L’amore di Dio è grande e senza limiti ed ogni giorno ci dona infinite attenzioni, cosicché anche le sofferenze che si presentano nella nostra vita sono per il bene della nostra anima. Invece la nostra fede è più piccola di un granello di senape, ma Dio sa di che siamo fatti ed ha compassione di tutti, di chi è pio come di chi scandalizza. Per questo dopo la parabola dello scandalo aggiunge: “Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai”; così Dio fa con noi.

Elisa Pallotta