Intervista all’arcivescovo Zuppi sul Sinodo: “È la comunione che genera vita”

Tornato stabilmente in diocesi dopo l’esperienza del Sinodo sui giovani, cui ha preso parte dopo la nomina da parte di papa Francesco, Bologna 7 ha rivolto all’arcivescovo Matteo Zuppi alcune domande.

Monsignor Zuppi a Roma è di casa ma ad un Sinodo non c’era mai stato.

No. Si è trattato di una grande esperienza di sinodalità e universalità, perché questo vuol dire essere cattolici. Siamo chiamati a essere universali, e la sinodalità è un modo per lavorare insieme nonostante le diversità.

Effettivamente erano rappresentati i vescovi e i laici di tutto il mondo, e insieme abbiamo lavorato fino a giungere al documento finale.

Si può davvero progettare una pastorale giovanile su scala planetaria?

Sì e no: abbiamo agito con la consapevolezza che parlare dei giovani significa anche chiedersi che chiesa vogliamo essere; significa un atteggiamento di conversione di tutti perché, come ha indicato Papa Francesco all’inizio dei lavori, se noi sogniamo i giovani sogneranno.

Non si tratta quindi trovare una formula, una medicina per attirare i giovani, ma di generare la fede affinché i giovani la percepiscano.

«Certe volte non vi abbiamo ascoltato, ma vi abbiamo riempito le orecchie» ha detto papa Francesco. Effettivamente troppo spesso siamo riusciti a coinvolgere i nostri ragazzi e, proprio per questo, dal Sinodo sono uscite delle indicazioni pastorali necessariamente universali. Ogni chiesa particolare è chiamata ad applicarle, anche nelle varie Conferenze episcopali Insomma, siamo una Chiesa che vuole continuare a camminare chiedendo di attuare il progetto sinodale nelle sue varie realtà diocesane e non.

Incontrando altri vescovi da tutto il mondo c’è stato qualche intervento, magari arrivato da lontano, che però l’ha fatta pensare a Bologna?

Molti, anche se appunto con situazioni molto diverse alle spalle.

Diversi problemi sono comunque molto simili per quanto riguarda le difficoltà con i giovani. Penso, ad esempio, al problema delle dipendenze oppure al problema dell’educazione in senso lato. Vi è poi l’interrogativo di come rendere le parrocchie meno affaticate nell’accoglienza dei giovani, ma anche la questione dei profughi e dei migranti. Molte chiese africane, soprattutto del nord del grande continente, hanno raccontato dei problemi di questa sfida umanitaria. Si tratta poi della medesima emergenza e delle medesime persone che arrivano fino a noi.

Insomma, devo dire che si è trattato di una grande esperienza di sintonia anche con coloro che vivono in situazioni diverse dalle nostre. Penso alle parti del mondo in cui i cattolici sono minoranza o a quelle chiese in cui c’è una oggettiva persecuzione verso i cristiani. Dobbiamo sentire nostri questi fratelli, ricordandoci di loro nella preghiera e anche nella condivisione.

Per monsignor Zuppi quali sono le conclusioni e i punti più significativi di questo incontro sinodale?

Certamente l’ascolto, quindi il non parlare sopra ma a tutti i ragazzi.

Dobbiamo anche proporre la Chiesa come generatrice di comunione, perché se la chiesa è comunione allora genera vita. Apriamo lo sguardo al futuro e alle giovani generazioni, cosa che per me è stata così evidente nella partecipazione di molti ragazzi e ragazze che hanno camminato con noi nel Sinodo. Si è trattato di una conferma della scelta missionaria che papa Francesco ha indicato e anche di una grande consapevolezza: la Chiesa ha molto da dare ai giovani e potrà farlo davvero solo rispondendo alle esigenze e alle attese dei giovani.

 

 

 

Fonte: Bologna 7, supplemento di Avvenire