“La Chiesa in Cina ha bisogno di unità, di fiducia e di un nuovo slancio pastorale”. Parolin spiega la linea di Papa Francesco su Pechino

“Dopo tanti decenni, tutti i Vescovi in Cina sono oggi in comunione con il Sommo Pontefice”. Lo sottolinea il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di Papa Francesco, nella prefazione di un volume dedicato da padre Antonio
Spadaro alla chiesa cinese. Il porporato ricorda anche la successiva partecipazione, per la prima volta, di due vescovi della Cina continentale al Sinodo dell’ottobre scorso. La Chiesa in Cina – scrive – ha bisogno di “unità”, di “fiducia” e di “un nuovo slancio pastorale”.

“Non a caso proprio in coincidenza con questa svolta”, sottolinea Parolin, Papa Francesco ha ricordato ai cattolici cinesi il bisogno di avere missionari “divorati dall’entusiasmo di comunicare la vera vita”, nel Messaggio del settembre 2018 ai Cattolici cinesi e alla Chiesa universale.

Il segretario di Stato ammette, nel testo diffuso oggi dal Dicastero per la comunicazione, che restano problemi ancora aperti, non a caso l’Accordo Provvisorio sulla nomina dei Vescovi del 22 settembre 2018 è solo un punto di partenza. In particolare, il porporato cita il cammino dell’unità non ancora interamente compiuto e la piena riconciliazione tra i cattolici cinesi e le rispettive comunità come un obiettivo prioritario. Da qui l’urgenza anche in Cina – scrive – dell’avvio di un “cammino serio di purificazione della memoria”.

E’ proprio l’universalità della Chiesa a spingere la Santa Sede a non nutrire sfiducia o ostilità verso alcun Paese, ma a percorrere la via del dialogo per superare le distanze. “L’annuncio del Vangelo in Cina non può essere separato da un atteggiamento di rispetto, di stima e di fiducia verso il Popolo cinese e le sue legittime Autorità”, afferma ancora il cardinale Parolin, evidenziando appunto che “la Santa Sede si augura di poter collaborare con la Cina anche sui temi della pace, dell’ambiente, dell’incontro tra le culture, “favorendo la pace e aspirando al bene dell’umanità”. La Chiesa poi “non dimentica il sacrificio di tanti suoi figli in Cina, ma proprio guardando al loro esempio si interroga sui modi più opportuni per raggiungere coloro che ancora non conoscono la Buona Novella e si attendono una testimonianza più alta da parte di quanti portano il nome cristiano”. “L’urgenza dell’evangelizzazione offre anche una prospettiva capace di superare molte questioni particolari indirizzandole verso un approccio unitario, in cui teologia, diritto e pastorale – non esclusa pure la diplomazia – si fondano in modo creativo e costruttivo”.

D’altra parte, “è sotto gli occhi di tutti che, anche oggi, la sollecitudine del Papa per la Chiesa e il Popolo cinesi incontra ancora resistenze e opposizioni”, scrive il porporato. Per il cardinale, dunque, proprio contributi di approfondimento come quelli promossi da La Civiltà Cattolica in questi ultimi anni sono d’aiuto a superare facili contrapposizioni e a sciogliere i nodi che ancora impediscono la “gioia di un incontro fecondo”.

Il Segretario di Stato ripropone infine “le finalità proprie dell’azione della Santa Sede, anche nello specifico contesto cinese, rimangono quelle di sempre: la Salus animarum e la Libertas Ecclesiae. Per la Chiesa in Cina, ciò significa la possibilità di annunciare con maggiore libertà il Vangelo di Cristo e di farlo in una cornice sociale, culturale e politica di maggiore fiducia”.

D’altronde, nota ancora il cardinale Parolin, “la Chiesa cattolica in Cina non è un soggetto «straniero», ma è parte integrante e attiva”, e può contribuire “all’edificazione di una società più armoniosa e più rispettosa di tutti”. Al termine della Prefazione, il porporato evidenzia infine che oggi l’auspicio di Papa Francesco è che, “dopo tante difficoltà, incomprensioni e sofferenze, attraverso la via del dialogo sincero, la Comunità cattolica possa intonare anche nel «Regno di Mezzo» «il canto della fede e del ringraziamento, arricchito da note autenticamente cinesi»”.