La comunicazione di Francesco secondo Tornielli. Il vaticanista della Stampa in trasferta a Genova (di G. Barbetta)

Comunicare la fede. Una scommessa con Dio per dichiarare al mondo che Lui esiste. L’evangelizzazione come obiettivo del terzo millennio è stato il leitmotiv del ciclo di incontri che si è chiuso lo scorso lunedì a Palazzo Ducale. Titolo della rassegna, voluta da Marco Ansaldo e Sandra Isetta, ‘Lo status del Vaticano’: ovvero l’istituzione dello ‘Stato’ Vaticano e pure la situazione odierna, nel corso della svolta segnata dal nuovo pontefice. E se a scommettere sull’esistenza di Dio è papa Francesco, c’è da credere che qualcosa si muoverà. Chi non ha fede, potrà almeno ascoltare le parole di un uomo che appare al mondo in pace con se stesso e con gli altri. Ma comunicare l’immenso, l’inarrivabile, l’infinito amore celeste non è cosa semplice: neppure al tempo di Twitter, Instagram, Facebook e la marea di blog e social che amplificano nell’era digitale come una cassa di risonanza -molte volte stonata- le idee di chicchessia si svegli al mattino e desideri dire qualcosa al mondo.

Lunedì 21 maggio è toccato ad Andrea Tornielli, il vaticanista della Stampa, spiegare, con Marco Ansaldo di Repubblica, il ruolo di una chiesa mediatica di Francesco ad un pubblico ristretto e compatto di aficionados della Chiesa e di quasi addetti ai lavori, visto che tra i presenti a porre domande oltre a qualche giornalista ringalluzzito dalle competenze personali acquisite sul tema c’erano anche soggetti interessati ai ruoli, come un anziano signore, nipote di un nunzio apostolico, incuriosito da come il papa nomini i suoi nuovi cardinali. Un affair complesso – a detta dei relatori Tornielli e Ansaldo – che lascia scontenti un numero non sempre precisato di vicini al pontefice, pronti poi a colpirlo in varie occasioni, se le scelte operate non soddisfano.

Ma papa Bergoglio ha tutta l’aria di uno che delle buone maniere e della diplomazia poco si accorga: l’importante è stare vicino ai veri deboli e promulgare concetti adeguati a spostare le coscienze e a fare crescere a dismisura la fede nell’animo di ogni essere vivente. Andrea Tornielli, classe 1964 e 55 libri scritti al suo attivo, non ha dubbi: i tempi sono cambiati e con ‘Francesco’ maturi per una comunicazione diretta tra papa e giornalisti: “Come comunica oggi la Chiesa? Benedetto XVI offriva conferenze stampa piuttosto statiche: le domande venivano preparate prima e sottoposte al suo ufficio stampa, il papa sceglieva cinque domande e rispondeva come un libro stampato, da teologo di gran classe ma la differenza con papa Bergoglio è enorme: quest’ultimo non ha timore di avvicinare direttamente i giornalisti uno per uno e risponde alle domande che gli stessi pongono senza prima conoscerle” ha spiegato Tornielli.

Meglio o peggio per una netta comprensione della dottrina e per non creare pesanti misunderstanding su scala globale, che potrebbero innescare facilmente guerre di religione visto che l’Islam è sempre dietro l’angolo e tra i differenti ‘credo’ appare quello tra i più rigorosi nella difesa delle proprie posizioni? “Papa Francesco è una storia a sé – hanno spiegato i relatori – Le differenze si sono notate ultimamente con la nomina dei nuovi cardinali: in occasione del concistoro ha ordinato 14 nuovi cardinali, 11 dei quali hanno meno di 80 anni e quindi risultano elettori del nuovo papa in caso di conclave. E’ stata posta grande attenzione al Medioriente con la nomina a cardinale di un iracheno, inoltre sono stati nominati arcivescovi del Perù e del Madagascar, sono state valorizzate le periferie, addirittura è stato nominato cardinale l’elemosiniere pontificio Konrad Krajewski, polacco, classe 1963.

A padre Corrado, papa Francesco ha detto subito ‘Non ti voglio mai vedere con le gambe sotto la scrivania bensì tutti i giorni a portare aiuti ai poveri’. La novità è grande: mai elemosiniere pontificio fu fatto cardinale”. Predomina una forte attenzione evangelica: “Questo papa ha una maniera di comunicare che sorprende il Vaticano stesso dal suo interno. Basti dire che la lista dei nuovi cardinali prima di Francesco veniva discussa con la segreteria di Stato e si informavano i nunzi apostolici affinché nelle varie diocesi potessero avvisare il futuro cardinale”.

Ora è tutta un’altra storia: “Francesco non dice quando fa il concistoro e non dice chi ha scelto: i nuovi cardinali rimangono fino all’ultimo sconosciuti a tutti, compresa la sala stampa. E’ capitato che siano avvisati per telefono, da amici che hanno sentito dire la novità”. Il significato politico di tutto questo? “Evangelico: il mondo non è solo quello che appare sotto i riflettori.

Molti cardinali nuovi sono stati minacciati di morte come ad esempio l’arcivescovo di Karachi in Pakistan: le nuove porpore servono a rinforzare chi vive in trincea, i posti nel mondo dove essere cattolici rasenta ogni giorno il sacrificio umano”. La nuova comunicazione della Chiesa passa attraverso un caleidoscopio di sfaccettature: Bergoglio è in carica da cinque anni, a volte rischia di essere male interpretato con una comunicazione tanto diretta e mai mediata. In precedenza Paolo VI puntava su gesti “simbolici pensati prima – dicono gli esperti – Kenya 2015: Francesco parla di fronte allo stadio, ci sono 70.000 persone e lui dice alla gente di prendersi per mano, il nostro essere cristiani deve essere più forte dell’essere tribali. Il papa è stato poi con l’Imam assieme in elicottero ed ha così sorvolato lo stadio salutando la folla, comunica dunque coi gesti, facendo percepire prossimità, vicinanza, tenerezza oltre ad una corrente di simpatia umana”.

Ma cosa pensa un papa quando è solo? Molteplici possibilità che a tratti trapelano: alla conferenza è emerso che ad esempio lo stesso papa Paolo VI, papa Montini, pensò alle dimissioni come papa Ratzinger: il 2 maggio 1965 papa Montini scrisse una lettera di tre fogli per dire che in caso di malattia irreversibile o infermità prolungata che impediva al papa di esercitare il suo ministero o altro impedimento sarebbe stato possibile parlare di dimissioni. E’ stata poi ricordata la comunicazione all’epoca di Navarro Valls, giornalista laico con un rapporto diretto di amicizia col papa: “Navarro è stato un grande interprete – dicono Tornielli e Ansaldo – Sapeva gestire bene i giornalisti, conosceva bene il mestiere da dentro le quinte. Nessuno al momento tra gli interpreti ufficiosi di papa Francesco regge il paragone con Navarro ai tempi di papa Karol Wojtyla: per spiegare il pensiero del pontefice, ora c’è il rischio di incorrere in interpretazioni parziali.

Nel bene e nel male adesso il papa comunica praticamente da solo: egli sa parlare in maniera semplice e diretta, la profondità del pensiero non deve essere necessariamente complicata dalla forma. Si possono comunicare cose grandi in maniera semplice”. La grande cultura che contraddistingue un individuo permette infatti di esprimersi in modo che tutti capiscano: per dirla con Indro Montanelli ‘ti deve capire anche la lattaia dell’Ohio’. Il papa teologo come Benedetto XVI in realtà è un’eccezione: il pontefice non deve essere necessariamente un accademico; un teologo come Benedetto XVI “di solito non diventa neanche vescovo bensì resta ad insegnare all’università. Il papa deve credere in Dio, pregare, fare vita santa ed essere capace di governare”.

In cento anni circa come è cambiata la comunicazione della Chiesa? Fu Leone XIII a fare la prima intervista e successivamente Benedetto XV, Giovanni XXIII e poi Paolo VI: un tempo non era possibile neppure prendere appunti davanti al papa, si cercava di ricordare tutto a memoria per una forma di rispetto. Le novità si susseguono con Wojtyla, che risponde ai giornalisti in aereo: una settantina di persone che pongono, ciascuna, una differente domanda e “diventa poi difficile mettersi tutti d’accordo per scrivere in modo uniforme ciò che il papa ha detto, visto che quello che dice è oggetto non solo di un semplice articolo ma spesso fa parte della dottrina futura”. Non è secondaria la figura dei giornalisti vaticanisti in fatto di comunicazione mondiale su determinati argomenti: si ricorda che con Ratzinger sono stati sfiorati pesanti incidenti diplomatici: “E’ capitato ai vaticanisti di consigliare papa Ratzinger su come rispondere circa l’Islam per evitare discorsi esplosivi, che avrebbero potuto essere male interpretati. Adesso il tema di Francesco è riportare al centro il tema della misericordia, parlare a tutti, senza distinzione, tornare ad essere veri missionari”. E per questo il web può aiutare: amplificando qualunque cosa. Conseguenze comprese.

Gloria Barbetta