La mancanza di lavoro recide i sogni dei giovani e la possibilità di dare un contributo allo sviluppo sociale. Lo dice il documento finale del Sinodo

“Oltre a renderli poveri, la mancanza di lavoro recide nei giovani la capacità di sognare e di sperare e li priva della possibilità di dare un contributo allo sviluppo della società”. Lo afferma il documento finale del Sinodo che ha il tono di una forte denuncia delle ingiustizie che subiscono i giovani nel mondo di oggi. “Il mondo del lavoro – sottolinea il testo approvato oggi dai 267 vescovi di tutto il mondo – resta un ambito in cui i giovani esprimono la loro creatività e la capacità di innovare. Al tempo stesso sperimentano forme di esclusione ed emarginazione. La prima e più grave è la disoccupazione giovanile, che in alcuni Paesi raggiunge livelli esorbitanti”.
Secondo il Sinodo, “in molti Paesi questa situazione dipende dal fatto che alcune fasce di popolazione giovanile sono sprovviste di adeguate capacità professionali, anche a causa dei deficit del sistema educativo e formativo. Spesso la precarietà occupazionale che affligge i giovani risponde agli interessi economici che sfruttano il lavoro”.
Ovviamente ampio spazio è dato al tema delle violenze e persecuzioni che in molte situazioni vedono i giovani vittime principali. “Molti giovani – afferma il testo – vivono in contesti di guerra e subiscono la violenza in una innumerevole varietà di forme: rapimenti, estorsioni, criminalità organizzata, tratta di esseri umani, schiavitù e sfruttamento sessuale, stupri di guerra. Altri giovani, a causa della loro fede, faticano a trovare un posto nelle loro società e subiscono vari tipi di persecuzioni, fino alla morte. Numerosi sono i giovani che, per costrizione o mancanza di alternative, vivono perpetrando crimini e violenze: bambini soldato, bande armate e criminali, traffico di droga, terrorismo. Questa violenza spezza molte giovani vite”.
“Abusi e dipendenze, così come violenza e devianza sono – sottolinea il testo – tra le ragioni che portano i giovani in carcere, con una particolare incidenza in alcuni gruppi etnici e sociali. Tutte queste situazioni interrogano e interpellano la Chiesa. Emarginazione e disagio sociale”. “Ancor più numerosi – continua il testo – nel mondo sono i giovani che patiscono forme di emarginazione ed esclusione sociale, per ragioni religiose, etniche o economiche. Ricordiamo la difficile situazione di adolescenti e giovani che restano incinte e la piaga dell’aborto, così come la diffusione dell’HIV, le diverse forme di dipendenza (droghe, azzardo, pornografia, ecc.) e la situazione dei bambini e ragazzi di strada, che mancano di casa, famiglia e risorse economiche; una particolare attenzione meritano i giovani carcerati”.

Vari interventi hanno sottolineato “la necessità che la Chiesa valorizzi le capacità dei giovani esclusi e i contributi che essi possono offrire alle comunità. Essa vuole schierarsi coraggiosamente dalla loro parte, accompagnandoli lungo percorsi di riappropriazione della propria dignità e di un ruolo nella costruzione del bene comune”.
Secondo il padri sinodali, “contrariamente a un diffuso stereotipo, anche il mondo giovanile è profondamente segnato dall’esperienza della vulnerabilità, della disabilità, della malattia e del dolore”. Mentre, “in non pochi Paesi cresce, soprattutto tra i giovani, la diffusione di forme di malessere psicologico, depressione, malattia mentale e disordini alimentari, legati a vissuti di infelicità profonda o all’incapacità di trovare una collocazione all’interno della società; non va infine dimenticato il tragico fenomeno dei suicidi. I giovani che vivono queste diverse condizioni di disagio e le loro famiglie contano sul sostegno delle comunità cristiane, che però non sempre sono adeguatamente attrezzate per accoglierli”.
Il documento insiste però nel descrivere “la vulnerabilità come una risorsa”. Molte di queste situazioni sono il prodotto della “cultura dello scarto”: “i giovani ne sono tra le prime vittime. Tuttavia questa cultura può impregnare anche i giovani, le comunità cristiane e i loro responsabili, contribuendo così al degrado umano, sociale e ambientale che affligge il nostro mondo”. Per la Chiesa “si tratta di un appello alla conversione, alla solidarietà e a una rinnovata azione educativa rendendosi presente in modo particolare in questi contesti di difficoltà. Anche i giovani che vivono in queste situazioni hanno risorse preziose da condividere con la comunità e ci insegnano a misurarci con il limite, aiutandoci a crescere in umanità. È inesauribile la creatività con cui la comunità animata dalla gioia del Vangelo può diventare un’alternativa al disagio e alle situazioni di difficoltà. In questo modo la società può sperimentare che le pietre scartate dai costruttori possono diventare testate d’angolo”.