La teologia della tenerezza di Papa Francesco, esempio “esistenziale concreto” dell’affetto di Dio e del suo “volto materno”

“Teologia e tenerezza sembrano due parole distanti: la prima sembra richiamare l’ambito accademico, la seconda le relazioni interpersonali. In realtà la nostra fede le lega indissolubilmente. La teologia, infatti, non può essere astratta – se fosse astratta, sarebbe ideologia –, perché nasce da una conoscenza esistenziale, nasce dall’incontro col Verbo fatto carne! La teologia è chiamata allora a comunicare la concretezza del Dio amore. E tenerezza è un buon “esistenziale concreto”, per tradurre ai nostri tempi l’affetto che il Signore nutre per noi”. Questo perché “la tenerezza può indicare proprio il nostro modo di recepire oggi la misericordia divina. La tenerezza ci svela, accanto al volto paterno, quello materno di Dio, di un Dio innamorato dell’uomo, che ci ama di un amore infinitamente più grande di quello che ha una madre per il proprio figlio”.

Con questi brevi ed essenziali richiami Papa Francesco ha descritto, ricevendo i partecipanti al Convegno “La teologia della tenerezza in Papa Francesco” che avrà luogo ad Assisi dal 14 al 16 settembre 2018, questa forma di conoscenza della Parola di Dio di cui si discuterà in maniera più approfondita nella cittadina umbra di san Francesco. Il Pontefice è partito dal dato che oggi ci si concentra molto meno sui concetti e molto più sul “sentire”, le sensazioni, i sentimenti. Si tratta di un “dato di fatto”, ha spiegato il Papa. D’altronde basta farsi un giro sui vari mass media, in modo particolare i social network ma che in questo caso non sono altro che la prosecuzione della tv, dove sensazionalismo e emozionalismo la fanno da padrone, e dove il tempo per la riflessione e la meditazione interiore viene profondamente messo da parte.

“Qualsiasi cosa accada, qualsiasi cosa facciamo, siamo certi che Dio è vicino, compassionevole, pronto a commuoversi per noi. Tenerezza è una parola benefica, è l’antidoto alla paura nei riguardi di Dio, perché nell’amore non c’è timore, perché la fiducia vince la paura”, ha spiegati in risposta a tutto ciò il Papa. Per queste ragioni, guardando in modo particolare al mondo contemporaneo, bisogna considerare che “la teologia non può certamente ridursi a sentimento, ma non può nemmeno ignorare che in molte parti del mondo l’approccio alle questioni vitali non inizia più dalle domande ultime o dalle esigenze sociali, ma da ciò che la persona avverte emotivamente. La teologia è interpellata ad accompagnare questa ricerca esistenziale, apportando la luce che viene dalla Parola di Dio. E una buona teologia della tenerezza può declinare la carità divina in questo senso”, ha così spiegato il Papa.

“È possibile, perché l’amore di Dio non è un principio generale astratto, ma personale e concreto, che lo Spirito Santo comunica nell’intimo. Egli, infatti, raggiunge e trasforma i sentimenti e i pensieri dell’uomo. Quali contenuti potrebbe dunque avere una teologia della tenerezza? Due mi sembrano importanti, e sono gli altri due spunti che vorrei offrirvi: la bellezza di sentirci amati da Dio e la bellezza di sentirci di amare in nome di Dio. Sentirci amati”, ha affermato a cuore aperto Francesco.

In questi passaggi c’è perciò la chiave per comprendere che “la radice della nostra libertà non è mai autoreferenziale”, ha concluso il Papa, spiegando che è in questo modo che “ci sentiamo chiamati a riversare nel mondo l’amore ricevuto dal Signore, a declinarlo nella Chiesa, nella famiglia, nella società, a coniugarlo nel servire e nel donarci. Tutto questo non per dovere, ma per amore, per amore di colui dal quale siamo teneramente amati. Questi brevi spunti indirizzano a una teologia in cammino: una teologia che esca dalle strettoie in cui talvolta si è rinchiusa e con dinamismo si rivolga a Dio, prendendo per mano l’uomo. Una teologia non narcisistica, ma protesa al servizio della comunità. Una teologia che non si accontenti di ripetere i paradigmi del passato, ma sia Parola incarnata”

 

Francesco Gnagni