Le parole del vescovo di Ventimiglia ai giovani africani: “non fatevi ingannare, gli uomini non sono merci che si possono sradicare e trapiantare”

“Mentre affermiamo con Papa Francesco il dovere dell’accoglienza di chi bussa alla nostra porta in condizioni di grave emergenza, occorre anche impegnarsi, forse più di quanto non sia stato fatto, per garantire ai popoli la possibilità di “non emigrare”, di vivere nella propria terra e di offrire là dove si è nati il proprio contributo al miglioramento sociale. La separazione e lo smembramento delle famiglie dovuto all’emigrazione rappresenta un grave problema per il tessuto sociale, morale e umano dei Paesi d’origine. L’emigrazione dei giovani rappresenta un grande depauperamento per l’Africa”.

Appena pubblicata ha fatto il giro del web, la lettera che il vescovo di Ventimiglia – San Remo monsignor Antonio Suetta ha deciso di indirizzare ai firmatari della ‘Lettera ai Vescovi italiani’, redatta alcuni giorni fa da un gruppo di presbiteri e laici affinché si intervenga “sul dilagare della cultura intollerante e razzista” in Italia, evidentemente coinvolto in prima persona dal tema delle migrazioni, essendo la sua diocesi posizionata in maniera cruciale, in un territorio che ha visto grandi scontri e difficoltà in questi ultimi anni, con uomini ammassati sugli scogli e sulle spiagge, impossibilitati a muoversi lungo il confine e nell’area.

“Mi sono chiesto più volte: quale può essere il ruolo profetico della Chiesa in questa situazione?”, scrive Suetta nella sua lettera. “Certamente, abbiamo dato, e continuiamo a farlo, pasti caldi, riparo e supporti vari (mediazione, orientamento, soprattutto umanità) a chi versa in condizioni di difficoltà e ha bisogno del necessario per vivere. Ma può bastare questo per risolvere un problema di proporzioni sempre più gravi?”, continua il religioso. “La Chiesa guarda al bene integrale dell’uomo e di tutti gli uomini, tenendo conto che la sua azione propria è di natura religiosa e morale, altrimenti non ci sarebbe nessuna differenza con una qualsiasi delle ONG che si attivano per il trasporto dei migranti nel Mediterraneo. La Chiesa è nata per perpetuare la presenza e l’azione di Gesù Cristo Salvatore, essa parla alle coscienze e al cuore di ogni uomo, traducendo e incarnando il suo annuncio in azioni concrete”, aggiunge ancora il monsignore.

“Di fronte a situazioni complesse di carattere politico e sociale, spesso i fedeli possono assumere legittime e diversificate iniziative, trovando sempre però nel Vangelo e nell’insegnamento sociale della Chiesa i principi ispiratori della loro azione e della loro scelta politica. Che possono divergere, senza però pretendere di agire a nome della Chiesa. In un contesto complesso e pluralista, scrive il vescovo Suetta, compito della Chiesa è indicare principi morali perché le comunità cristiane possano svolgere il loro ruolo di mediatrici nella ricerca di soluzioni concrete adeguate alle realtà locali”.

Rispondendo alle domande di Radio Vaticana Italia, il vescovo ha spiegato che “siamo testimoni di drammi consumati alla frontiera italo-francese, dove molti migranti giungono con il desiderio di passare il confine presidiato dalla gendarmeria francese”, mettendo così al centro l’appello che le Chiese africane, in particolare di Congo, Senegal, Nigeria, rivolgono ai loro giovani: “Non fatevi ingannare dall’illusione di lasciare i vostri Paesi alla ricerca di impieghi inesistenti in Europa e in America. Perché non si può pensare che gli uomini siano come le merci che si possono sradicare e trapiantare ovunque, se non perseguendo un’idea nichilista che vorrebbe appiattire culture e identità dei popoli”.

Migranti, ha concluso il religioso, che sono già vittime di “ingiustizie nei loro Paesi di origine, sono costretti a subire sfruttamento e gravi difficoltà nei Paesi di arrivo”, citando anche le parole di mons. Schneider, il prelato che nei giorni scorsi aveva parlato di un piano prefigurato a livello internazionale “per cambiare radicalmente l’identità cristiana e nazionale dei popoli europei”. “Senza ossessione di complotti, ma anche senza irresponsabili ingenuità, non possiamo nascondere che siano in atto tanti progetti e tentativi volti ad annullare l’identità dei popoli, perché ciascun uomo sia più solo e debole, sganciato dai riferimenti culturali di una comunità cui possa identificarsi fino in fondo: lo possiamo constatare dalla produzione legislativa europea sempre più lontana e avversa alle radici della nostra civiltà”, ha concluso Suetta. “Oggi non è in atto una ‘guerra’ tra religioni, ma dobbiamo riconoscere che è in atto una ‘guerra’ contro le religioni e contro il riferimento a Dio nella vita dell’uomo”.

 

Francesco Gnagni