Lula si racconta: “Lo scopo della mia vita far sì che ogni brasiliano abbia colazione, pranzo e cena”

Il Partito del Lavoratori e il Brasile intero sono in attesa di scoprire se sarà accettata la candidatura dell’ex presidente Lula, sulle cui spalle pesa una condanna per presunta corruzione calata, come una ghigliottina, da una parte della magistratura che intende escluderlo dalle prossime elezioni di ottobre, in cui risulta favorito secondo i sondaggi finora effettuati, per paura della sua politica egualitaria e democratica.

Pochi giorni prima che la congiura capeggiata dal magistrato Sergio Moro si stringesse attorno all’ex presidente, portandolo a consegnarsi alle autorità il 7 aprile, Lula ha partecipato a un dialogo con i giornalisti Juca Kfouri e Maria Inês Nassif, il docente di Relazioni internazionali Gilberto Marigoni e Ivana Jinkings, fondatrice e direttrice della casa editrice Boitempo. L’intervista è stata trasformata in libro intitolato “Luiz Inácio Lula da Silva. La verità vincerà” , edito in Italia da Meltemi editore.

Tra i tanti temi trattati dal Presidente operaio, l’unico a essere eletto democraticamente per due mandati, mantenendo la carica dal 2003 al 2011, ci sono stati la sua passione per il Chorintians e il calcio in generale, ma anche e soprattutto il suo amore per il popolo brasiliano, a cui ha dedicato tutta la sua vita, facendo della diffusione di democrazia e benessere la propria missione e crociata che infine gli è costata la libertà: “Molti non si sono mai preoccupati di come vive tanta gente, invece per me è stata una preoccupazione costante, fin dal momento in cui ho pensato di creare un partito politico”, è riportato nel libro.

L’ex presidente ha ricordato il momento in cui vinse per la prima volta le elezioni e potè mettere finalmente in pratica quanto riteneva giusto fare per porre rimedio a una situazione che in Brasile vedeva una piccola parte della popolazione brindare sui tetti dei grattacieli mentre la maggior parte di esse giaceva in condizioni di povertà ai piedi di Babilonia: “[…] Un populista fa discorsi del tipo: “Arresterò questo, abbasserò lo stipendio di quello, farò…”. No, io dissi soltanto: “Se arriverò alla fine del mio mandato e ogni brasiliano avrà fatto colazione, pranzato e cenato, avrò già raggiunto lo scopo della mia vita”. Perché? Perché non erano pochi ad avere fame in questo Paese; erano nientemeno che 54 milioni di persone, ovvero come se la popolazione di quello che potrebbe essere il decimo Paese del mondo non avesse da mangiare. La gente non mangiava”.

Oltre alla fame, il Presidente si sentì chiamato a rispondere alla necessità di includere maggiormente gli strati più ampi della popolazione brasiliana in quello che fino ad allora era stato quasi esclusivamente campo dell’elite del paese, la politica: “Pensavo che questa fosse una sfida. E pensavo che avremmo potuto sconfiggere la fame soltanto includendo i poveri in politica, soltanto se fossimo riusciti a farli diventare una voce del bilancio pubblico. Perché quelli che hanno fame non hanno sindacato né partito, a volte non hanno religione, non si fanno vedere,[…] non portano una bandiera. L’unica bandiera del povero è il brontolio del suo stomaco – e la certezza di essere un fallito completo. Come includere queste persone? Era quasi come tendergli la mano. E io sapevo di non essere uno di loro. Sapevo di essere uno di quelli che avevano da mangiare e che avrebbero dovuto tendere la mano a quelli che non ne avevano. […] Governare è stato come mettere in pratica una serie di cose che avevamo imparato qui e nel movimento sociale. E, molto spesso, gli stessi compagni del PT, compagni ideologicamente più raffinati, pensavano che fosse un governo di conciliazione. Io ho sempre pensato che un governo di conciliazione si ha quando puoi fare di più, ma non vuoi farlo. Ebbene, quando puoi soltanto fare di meno e finisci per fare di più, è quasi l’inizio di una rivoluzione: ed è quello che abbiamo fatto in questo Paese.”

Lula è stato effettivamente artefice di una rivoluzione egualitaria senza precedenti per il suo paese, attenuando disuguaglianze sociali e permettendo a milioni di brasiliani di uscire da condizioni di miseria umilianti per la dignità umana: “Includere la quantità di persone che abbiamo inserito nell’economia, che abbiamo inserito in politica, che abbiamo inserito nella società organizzata, e senza sparare un solo colpo – anzi, a volte prendendone qualcuno –, è quasi come aver fatto una rivoluzione pacifi ca. Io lo sapevo perfettamente e sapevo anche che una parte della popolazione aveva capito ciò che noi avevamo fatto.”
E’ stata proprio però questa rivoluzione a motivare l’avida e arrogante elite a tessere una tela di menzogne con lo scopo di escludere Lula dalle prossime elezioni, così come già hanno fatto con la presidente Dilma Rousseff due anni fa.
Contro di essi e a favore di un popolo che ancora lo sostiene, la candidatura di Lula è stata regolarmente presentata da parte del PT a metà agosto, ma potrebbe essere respinta per la legge brasiliana che impedisce a un condannato a candidarsi per le elezioni.

 

 

 

Emanuele Amarisse