Migranti. Arcivescovo Lorefice: “tornare alla Costituzione”

“Da giovane padre costituente, uno dei sognatori dell’ Europa e del mondo uniti, Giorgio La Pira faceva delle attese della povera gente il suo faro e la sua guida, contro ogni esaltazione del mercato senza regole, dell’ individualismo economico”. Lo ha ricordato monsignor Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo nell’omelia per la Festa di Santa Rosalia. “Oggi – ha affermato – La Pira ci inviterebbe a guardare alle tante navi che dirigono la loro prua verso l’ Europa come alle navi della speranza. La speranza della povera gente che cerca protezione e vita buona, ma soprattutto la nostra speranza. Perché se fermiamo le navi dei poveri, se chiudiamo i porti, siamo dei disperati. Disperiamo della nostra umanità, disperiamo della nostra voglia di vivere, del nostro desiderio di comunione”.

Secondo Lorefice, “l’Europa è la civiltà della contaminazione. Geograficamente non esiste. Il Mediterraneo è la sua culla. Paolo VI, ormai santo, diceva che l’ Eucaristia contiene la forma vitae dei popoli. La stessa cosa di cui era convinto San Benedetto, patrono d’ Europa: «

‘Benedetto da Norcia – dichiara Benedetto XVI – con la sua vita e le sue opere ha esercitato un impulso fondamentale sullo sviluppo della civiltà e della cultura europea’. Il Vangelo rivela il suo Dna se diventa forma vitae, se diventa una carta dei diritti che garantisce la difesa degli ultimi. Non è questione di accoglienza, non si tratta di essere buoni, ma di essere giusti. Non di fare opere buone, ma di rispettare e, se necessario, ripensare il diritto dei popoli”.

“È in nome del Vangelo – ha gridato Lorefice – che ogni uomo e ogni donna hanno diritto alla vita e alla felicità, perché non c’ è più giudeo né greco, non c’ è più schiavo né libero in Cristo Gesù (Gal 3,28), perché il nostro Signore, morendo sulla croce, ha abbattuto, dice ancora Paolo, ogni muro di separazione tra gli uomini. È questa la forma di vita in cui il Vangelo deve incarnarsi per non perdere la sua concretezza storica”.

“È questa z ha concluso l’arcivescovo di Palermo – la ‘forma’ del Vangelo che deve diventare sostanza viva, e che proprio in Italia lo è diventata, settant’ anni fa, nei principi fondamentali della nostra Costituzione. Quel che i padri avevano intuito, oggi deve diventare il nostro manifesto, la nostra carta fondativa di cittadini e di cristiani”.