Migranti. Papa Francesco parla chiaro ma Salvini non lo ascolta

«Immettere, nell’impasto della società, il fermento dell’uguaglianza e della fraternità, che non manca mai di produrre il suo frutto». Questo l’appello di Papa Francesco agli uomini delle Forze dell’ordine che il recente Decreto Sicurezza costringe invece a atteggiamenti discriminatori se non francamente razzisti. In merito Francesco, sia pure senza nominare il provvedimento che porta il nome del ministro Salvini – il quale nonostante un comunicato ne avesse annunciato la presenza e fosse stato presente in Vaticano alla messs celebrata dal cardinale Becciu prima dell’udienza, non si è presentato in Aula Nervi all’incontro con il Papa – è stato chiarissimo: «Ogni ingiustizia colpisce anzitutto i più poveri e tutti coloro che in vario modo possono dirsi “ultimi”», ha ricordato agli appartenenti all’Associazione nazionale della polizia di stato italiana (Anps), che quest’anno celebra il cinquantesimo anniversario di fondazione.

Non solo: il Pontefice ha rimarcato che «quando vengono a mancare la legalità e la sicurezza, sempre sono i più deboli i primi a essere danneggiati, perché hanno meno mezzi per difendersi e provvedere a sé stessi». E tra questi Francesco ha menzionato in particolare «coloro che lasciano la loro terra a causa della guerra e della miseria, e devono ripartire da zero in un contesto del tutto nuovo; coloro che hanno perso la casa e il lavoro, e faticano a mantenere la loro famiglia; coloro che vivono emarginati e ammalati, o sono vittime di ingiustizie e soprusi».

«A tutti costoro — ha esortato — voi vi fate prossimi quando cercate di prevenire il crimine e vi adoperate nel contrasto al bullismo e alle truffe; quando mettete a disposizione il vostro tempo e le vostre energie nella formazione dei giovani e nella vigilanza presso le scuole, nella tutela del territorio e del patrimonio artistico; nell’organizzazione di convegni e nella formazione a una cittadinanza più attiva e consapevole». Si tratta di un impegno indispensabile per «diffondere una cultura della legalità, del rispetto e della sicurezza»: un impegno tanto più necessario se si considera che «senza questi fondamenti, nessun contesto sociale può conseguire il bene comune, ma diventerà presto o tardi un groviglio di interessi personali, slegati l’uno dall’altro, anzi contrapposti».

Secondo il Pontefice, infatti, il bene di una società non può essere determinato «dal benessere della maggioranza, o dal rispetto dei diritti di “quasi tutti”»; esso invece «è dato dal bene della collettività quale insieme di persone, così che, finché qualcuno soffre, “tutte le membra soffrono con lui”».