Ostia nella stretta della mafia locale. Don Franco de Donno: non basta la politica degli annunci

“Non possiamo consentire che il litorale della capitale del nostro Paese possa essere condizionato dalle mafie. Il tema della liberazione di Ostia dalla mafia sarà irrinunciabile”. Queste le parole del ministro dell’Interno, Marco Minniti, dopo i colpi di pistola contro la porta di casa di un componente della famiglia Spada. «Bene Minniti, istituzioni unite contro la mafia», ha twittato la sindaca di Roma Virginia Raggi.

In merito a questa “politica degli annunci” pubblichiamo un commento di don Franco De Donno, esponente di Laboratorio X.

Leggiamo in questi giorni di interventi su Ostia legati alla sicurezza per sconfiggere la criminalità organizzata. Sicuramente il territorio necessita di maggiori presidi ma, chi lavora sul campo da una vita, sa bene che la criminalità organizzata non si sconfigge solo in termini securitari ma implementando la presenza dello Stato insieme a quella dell’antimafia sociale e con il coinvolgimento delle numerose associazioni impegnate da anni sul campo. Questo significa dotare il territorio di servizi fruibili a tutti, di spazi pubblici e inutilizzati rivolti alla cittadinanza, di luoghi condivisi, da cui presidiare socialmente un territorio complesso. Significa lavorare coniugando sviluppo e integrazione senza lasciare agibilità alle mafie. In tal senso fa indignare la mancata apertura della palestra della legalità all’Idroscalo di Ostia, perché si tratta di un’occasione mancata. Le cause di questa mancata apertura, dovute a un braccio di ferro tra Municipio e Comune di Roma, lasciano ancora più basiti perché non tengono conto del valore sociale di quel bene sequestrato, indispensabile in un territorio che ha bisogno di questi come di tanti altri presidi di legalità.

Nonostante a maggio sia stata presentata la domanda per avviare i lavori di adeguamento e ristrutturazione dei locali sequestrati, da allora è cominciato un rimpallo di responsabilità tra uffici del Comune e Municipio che sta bloccando un progetto di alto valore simbolico, che consentirebbe la nascita di una palestra, a gestione pubblica, in grado di diventare un presidio di socialità e di legalità.

Un rimpallo che non fa bene a nessuno ma che contribuisce a esasperare quel senso di sfiducia tra i cittadini che dalle istituzioni si aspettano una presenza costante, in termini di servizi, spazi e palestre a vocazione sociale che si traducono in strumenti di lotta all’illegalità. Comprendiamo quindi lo sconforto di Guglielmo Muntoni, Presidente della sezione delle misure di prevenzione del Tribunale di Roma, che la scorsa mattina ha affidato alle pagine di Repubblica tutta la sua preoccupazione per la mancata apertura della palestra e facciamo all’appello alla nuova amministrazione al governo di questo Municipio e alla neo eletta presidente, Giuliana Di Pillo, affinché venga sanata quanto prima una situazione che ha del ridicolo e venga messa come prioritaria nella sua agenda l’apertura della palestra.

Franco De Donno