Il Papa: c’è bisogno di una teologia che mostri il volto di Dio misericordioso. E di farla insieme: è questione di stile

“C’è bisogno di una teologia che aiuti tutti i cristiani ad annunciare e mostrare, soprattutto, il volto salvifico di Dio, il Dio misericordioso, specie al cospetto di alcune inedite sfide che coinvolgono oggi l’umano: come quella della crisi ecologica, dello sviluppo delle neuroscienze o delle tecniche che possono modificare l’uomo; come quella delle sempre più grandi disuguaglianze sociali o delle migrazioni di interi popoli; come quella del relativismo teorico ma anche di quello pratico”. Sono queste le parole riecheggiate questa mattina nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, dove Papa Francesco ha ricevuto in udienza i membri dell’Associazione Teologica Italiana in occasione del 50° anniversario della sua fondazione. Francesco ha sottolineato il notevole apporto che l’Associazione ha dato “allo sviluppo teologico e alla vita della Chiesa, con una ricerca che si è sempre proposta – con lo sforzo critico che le compete – di essere in sintonia con le tappe fondamentali e le sfide della vita ecclesiale italiana”, d’altronde l’ATI è “nata, come recita il primo articolo del vostro Statuto, ‘nello spirito di servizio e di comunione indicato dal Concilio Ecumenico Vaticano II’. “La Chiesa – ha aggiunto Francesco – deve sempre riferirsi a quell’evento, con il quale ha avuto inizio ‘una nuova tappa dell’evangelizzazione’ e con cui essa si è assunta la responsabilità di annunciare il Vangelo in un modo nuovo, più consono a un mondo e a una cultura profondamente mutati”. Il Papa ha poi ribadito come della teologia, o meglio, del ministero teologico oggi continui a esserci “un grande bisogno nella Chiesa”, “soprattutto nel desiderio e nella prospettiva di una Chiesa in uscita missionaria” di “questo frangente storico”, segnato dalla “complessità” e da uno “sviluppo scientifico e tecnico senza precedenti”, “e in una cultura che è stata permeata, nel passato, dal cristianesimo ma nella quale possono oggi serpeggiare visioni distorte del cuore stesso del Vangelo”: allora, ha spiegato Francesco, il “bisogno” diventa addirittura “urgenza”, diventa “indispensabile”, “perché il Vangelo raggiunga davvero le persone nella loro singolarità e affinché permei la società in tutte le sue dimensioni”. “Infatti – ha proseguito -, una Chiesa che si ripensa così si preoccupa, come ho detto nella Evangelii gaudium, di rendere evidente alle donne e agli uomini quale sia il centro e il nucleo fondamentale del Vangelo, ovvero ‘la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto’”.

Dunque un bisogno della fede di ripensarsi più che di “rendere ragione”, soprattutto in un’epoca in cui non si tratta più di evangelizzare, di “andare in tutto il mondo e predicare il Vangelo ad ogni creatura”, ma di rievangelizzare dall’interno, “sforzandosi di ripensare i grandi temi della fede cristiana all’interno di una cultura profondamente mutata”: “è un’esigenza della piena umanità degli stessi credenti, anzitutto, perché il nostro credere sia pienamente umano e non sfugga alla sete di coscienza e di comprensione, la più profonda e ampia possibile, di ciò che crediamo. Ed è un’esigenza della comunicazione della fede, perché appaia sempre e dovunque che essa non solo non mutila ciò che è umano, ma si presenta sempre quale appello alla libertà delle persone”. E’ l’esigenza che avvertì ed espresse bene l’autore della Lettera a Diogneto, quando disse che i cristiani sono (e devono essere) “nel mondo ma non del mondo”. Ma perché questo sia possibile, ha concluso il Papa, è necessario che ogni teologo continui a “servire la Verità di un Dio che è Amore, eterna comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e il cui disegno salvifico è quello della comunione degli uomini con Lui e tra loro”, “immerso in una comunità teologica la più ampia possibile, di cui si sente e fa realmente parte, coinvolto in legami di solidarietà e anche di amicizia autentica”. E “questo non è un aspetto accessorio del ministero teologico!”. “Non si può pensare, infatti, di servire la Verità di un Dio che è Amore” senza “avvertire” “l’esigenza di ‘fare teologia insieme’”: “il fatto che l’abbiate avvertito è un fatto di stile, che esprime già qualcosa di essenziale della Verità al cui servizio si pone la teologia”, nonché “un chiaro frutto del Concilio e una ricchezza da non disperdere”. Al contempo, però, ha ribadito il Pontefice, “c’è un senso delle realtà della fede che appartiene a tutto il popolo di Dio, anche di quanti non hanno particolari mezzi intellettuali per esprimerlo, e che chiede di essere intercettato e ascoltato”. Per questo è “in questa fede viva del santo popolo fedele di Dio” che ogni teologo deve anche sentirsi “immerso” e “da cui deve sapersi anche sostenuto, trasportato e abbracciato”.