Pedofilia. Il Papa riapre il caso Barros. Una nuova indagine affidata a monsignor Scicluna

Papa Francesco ha deciso di riaprire il caso Barros, nonostante durante il recente viaggio abbia difeso pubblicamente il vescovo cileno. Lo ha annunciato il portavoce della Santa Sede, Greg Burke. “A seguito di alcune informazioni recentemente pervenute in merito al caso di monsignor Juan de la Cruz Barros Madrid, vescovo di Osorno, Papa Francesco – ha detto Burke – ha disposto che monsignor Charles J. Scicluna, arcivescovo di Malta e presidente del Collegio per l’esame di ricorsi (in materia di delicta graviora) alla Sessione Ordinaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, si rechi a Santiago del Cile per ascoltare coloro che hanno espresso la volontà di sottoporre elementi in loro possesso”.

Monsignor Barros, è contestato da gruppi di fedeli che chiedono le sue dimissioni perché sospettato di complicità con un prete pedofilo che era stato il suo padre spirituale. Come e’ noto la pubblica difesa di Papa Francesco aveva provocato una risentita dichiarazione del cardinale Sean Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston e presidente della Pontificia Commissione per la protezione dei minori. Ma Francesco invece di arrabbiarsi con il porporato statunitense ha manifestato apprezzamento per il suo intervento. “Ho visto la sua dichiarazione, ha detto: ‘Il Papa ha sempre difeso questo’, ‘Il Papa vuole la tolleranza zero’. ‘Con questa espressione non felice ha fatto dispiacere le vittime’. E questo mi ha fatto pensare. Io ho apprezzato il cardinale O’Malley, ringrazio per la dichiarazione, perché e’ stato molto giusto. Ringrazio il cardinale che e’ stato molto giusto. Ha detto tutto quello che ho fatto e faccio per le vittime, e quello che fa la Chiesa. E poi ha detto del dolore delle vittime. Non di questo caso, in genere. Perché si sentono tante vittime che non sono capaci di portare un documento, una testimonianza”, ha dichiarato il Papa sul volo di rientro da Lima a Ciampino, concordando sul fatto che le vittime vanno sempre rispettate e non si può dire loro che se non hanno prove calunniano, come sembrava aver detto Francesco incontrando i giornalisti in Cile. Il Papa ha spiegato di essere stato sostanzialmente frainteso, cioé che non intendeva affatto parlare in generale della necessità che le vittime portino delle prove ma di essersi riferito solo al caso specifico che egli ritiene sostanzialmente chiarito a favore dell’accusato. “Con questo – ha scandito Bergoglio – devo chiedere scusa, perché la parola prova ha ferito tanti abusati. E’ una parola di traduzione e chiedo scusa a loro se li ho feriti senza accorgermi. Li ho ricevuto in Cile e a Filadelfia, come e’ stato pubblicato. So quanto soffrono, sentire che il Papa dice in faccia portatemi una prova e’ uno schiaffo, ora mi accorgo che la mia espressione e’ stata infelice e chiedo scusa”. “Con sincerità – ha ripetuto sull’aereo il Papa – dico: Barros resterà lì se non ho modo di condannarlo e per condannarlo servono evidenze, ci sono tanti modi per arrivare alle evidenze. Quanto alla parola calunnia: se qualcuno dice con pertinacia che lei ha fatto questo, lei ha fatto quello, e’ calunnia. Se dico lei ha rubato, allora sto calunniando, perché non ho le evidenze”. Rispondendo a una bordata di domande sulla vicenda, il Papa ha poi aggiunto: “io non ho sentito alcuna vittima di Barros. Ma non sono venuti, non hanno dato le evidenze per il giudizio”.

Queste evidenze, forse, ora sono arrivate o comunque il Papa ha ritenuto che si debba indagare ancora. Del resto oltre a quella di O’Malley si sono levate voci autorevoli per chiedere un supplemento di indagini. Dura in particolare la presa di posizione di “We are Church International”. “Il vescovo Juan Barros Madrid – ricorda l’organizzazione che lotta contro la pedofilia ecclesiastica in diversi paesi del mondo – fu nominato vescovo di Osorno nel 2015 dopo che la sua complicità con Karadima divenne conosciuta; prima era stato vescovo castrense. La sua nomina e’ la diretta conseguenza di una gerarchia che era in sintonia con la dittatura di Pinochet ed aveva la simpatia del nunzio Angelo Sodano. Egli era il protettore del padre Fernando Karadima, pedofilo seriale e figura molto influente e conosciuta nella e’lite economica e conservatrice del mondo cattolico cileno. Membri della Pontificia Commissione per la protezione dei minori contestarono la nomina ma papa Francesco procedette ugualmente. Il vescovo Barros non e’ accusato di avere egli stesso compiuto abusi; ma era certamente consapevole degli abusi in serie di Karadima, che egli poi ha protetto”. “Dopo tutto ciò – afferma We are Church International – nella diocesi di Osorno e’ sorto un movimento di base che ha discusso e rifiutato la nomina di Barros e ha chiesto, alla fine, al Papa la revoca del vescovo. Papa Francesco, parlando con un giornalista prima di lasciare il Cile, ha detto che non c’erano prove nei confronti di Barros ed ha accusato di calunnia le vittime degli abusi. Senza alcun dubbio le vittime di Karadima -che il Papa ha rifiutato di incontrare- sono risultate del tutto credibili. Infatti il cardinale Sea’n O’Malley di Boston, che e’ il presidente della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori, ha rilasciato una dichiarazione secondo la quale la difesa da parte del Papa del vescovo cileno accusato di coprire abusi è stata ‘motivo di gran dolore’ per le vittime”. “L’International Movement We Are Church (WAC) e l’European Network Church on The Move (EN-RE) esprimono – conclude la nota – il loro appoggio alla legittima protesta dei cristiani di Osorno e condividono l’opinione di Somos Iglesia del Cile (sezione nazionale del movimento WAC) su questa questione. Noi chiediamo a Papa Francesco di riconsiderare urgentemente il suo appoggio al vescovo Barros per il bene di tutta la Chiesa”.

Sulla stessa linea anche il gruppo di lavoro della Pontificia Università Gregoriana.
“Per quanto possa essere difficile riconoscerlo, pare sia inevitabile che proprio coloro da cui ci aspettiamo di più ci deludano. Le nostre guide, i nostri leader sono fallaci. Esattamente come noi. Abbiamo sempre la tentazione di proteggere i nostri interessi, di chiudere gli occhi e le orecchie alla sofferenza. Non riusciamo a prendere l’iniziativa, siamo lenti nell’assumerci le responsabilità”, afferma in proposito la nota diffusa in questi giorni dal gruppo di lavoro della Pontificia Università Gregoriana. “Il Centre for Child Protection – si legge nel testo – ha seguito le difficili notizie di questi giorni. Papa Francesco ha chiesto scusa per aver insistito che le vittime dovessero presentare “prove” del fatto che Barros abbia insabbiato gli abusi e ha ammesso che le sue parole possano aver provocato ulteriore sofferenza nelle persone che sono state abusate sessualmente”. “Sebbene il Papa difenda ancora l’innocenza di Barros, sostenendo che nessuna vittima gli abbia presentato evidenze della colpevolezza del vescovo cileno, egli ha espresso rammarico per la scelta delle proprie parole e ha chiesto perdono per aver involontariamente provocato dolore. Ha ammesso di aver deluso le aspettative dei sopravvissuti agli abusi”, ricorda il documento.