Papa richiama la responsabilità dei cristiani. La rassegnazione non è una virtù, ma pigrizia (di F. Donat-Cattin)

“Se rimaniamo uniti a Gesù, il freddo dei momenti difficili non ci paralizza; e se anche il mondo intero predicasse contro la speranza, se dicesse che il futuro porterà solo nubi oscure, il cristiano sa che in quello stesso futuro c’è il ritorno di Cristo”. “Sull’attesa vigilante” si è soffermato Papa Francesco nell’Udienza di questa mattina, come “invita a fare il vangelo di oggi”, raccomandando di “essere come dei servi che non vanno mai a dormire, finché il loro padrone non è rientrato”. È dall’odierno vangelo che nasce infatti la famosa locuzione latina “estote parati”: “siate pronti”, che tradotto in termini concreti, spiega Francesco, significa che “questo mondo esige la nostra responsabilità” e che “ce l’assumiamo tutta e con amore”.

Il cristiano è “già stato salvato dalla redenzione di Gesù, però ora attende”, continua il Papa, attende “la piena manifestazione della sua signoria”, quando cioè “finalmente Dio sarà tutto in tutti”. Nulla è più certo, nella fede dei cristiani, di questo “appuntamento”. E allora “quando questo giorno arriverà – ha ricordato Francesco ai fedeli presenti tra le braccia del colonnato di piazza San Pietro – noi cristiani vogliamo essere come quei servi che hanno passato la notte con i fianchi cinti e le lampade accese bisogna essere pronti per la salvezza che arriva, pronti all’incontro”. Poi ha chiesto “a braccio”: “avete pensato voi come sarà quell’incontro? Sarà un abbraccio, una gioia enorme!”.

Il Papa allora ha esortato i presenti a ricordarsi di Gesù “nei momenti che suscitano rabbia e indignazione”, perché “ci saranno”, “ma la dolce e potente memoria di Cristo scaccerà la tentazione di pensare che questa vita sia sbagliata” e che “la storia sia come un treno di cui si è perso il controllo” perché “la rassegnazione non è una virtù cristiana, come non è da cristiani alzare le spalle o piegare la testa davanti a un destino che ci sembra ineluttabile: chi reca speranza al mondo, infatti, non è mai una persona remissiva”.

“Dopo aver conosciuto Gesù, noi non possiamo far altro che scrutare la storia con fiducia e speranza – ha continuato Francesco – Gesù è come una casa, e noi siamo dentro, e dalle finestre di questa casa noi guardiamo il mondo. Perciò non ci richiudiamo in noi stessi, non rimpiangiamo con malinconia un passato che si presume dorato, ma guardiamo sempre avanti, a un futuro che non è solo opera delle nostre mani, ma che anzitutto è una preoccupazione costante della provvidenza di Dio. Tutto ciò che è opaco un giorno diventerà luce”.

“Nessuna notte” infatti “è così lunga da far dimenticare la gioia dell’aurora” e “ogni mattina è una pagina bianca che il cristiano comincia a scrivere con le opere di bene”, ha infine ricordato poeticamente (ma non per questo meno verosimilmente) Bergoglio. Perciò non ci si deve “abbandonare al fluire degli eventi con pessimismo” perché “la volontà di Dio nei nostri confronti non è nebulosa, ma è un progetto di salvezza ben delineato”, una parola di benedizione detta sulla vita di ognuno in virtù della quale ognuno deve vivere “per accogliere con gratitudine e stupore ogni nuovo giorno donatoci da Dio”: “il cristiano” infatti “sa che anche nella monotonia di certi giorni sempre uguali è nascosto un mistero di grazia.

“Beati” dunque “quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli”, beati coloro che “con la perseveranza del loro amore diventano come pozzi che irrigano il deserto”, chi “alla fine dei conti avrà compromesso la sua pace personale”: difatti “non c’è costruttore di pace che non abbia assunto i problemi degli altri”, chi non lo fa non dovrà essere chiamato costruttore di pace, “ma pigro”.

Francesco Donat-Cattin