Parolin: “La Santa Sede dice no alla chiusura dei porti”. La Cei: “Avanti con i canali umanitari”

Davanti all’emergenza dei flussi migratori, “certamente i porti chiusi non sono una risposta. Però la risposta può venire soltanto da una collaborazione tra tutti i Paesi europei”. Lo afferma il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, intervistato dal Servizio Informazione religiosa della Cei. “Credo – spiega il cardinale – che ci debba essere una risposta comune a questo problema. Credo che si debba insistere su questo. La problematica delle migrazioni esige il coinvolgimento di tutti. Non può essere rigettata sulle spalle di alcuni soltanto ma deve essere assunta responsabilmente da tutta Europa e da tutta la comunità internazionale, però sempre in quella linea e in quell’orizzonte di umanità e solidarietà che non può mancare di fronte a questi problemi”.
Questo, sottolinea il porporato, “certamente, sarà uno dei temi che si affronteranno con il presidente francese”.

Intanto sono 139 i profughi che mercoledì 27 giugno all’alba arriveranno all’aeroporto di Roma Fiumicino. Uomini, donne e bambini strappati alla vita disumana dei campi profughi. Un corridoio umanitario reso possibile grazie al protocollo siglato dal Ministero dell’Interno e dalla Conferenza Episcopale Italiana che finanzia interamente il progetto. L’intero viaggio dei profughi è documentato dalle telecamere del Tg2000, il telegiornale di Tv2000, e dall’inviato Vito D’Ettorre. Venerdì scorso al Viminale la Caritas italiana e rappresentanti del Ministero dell’Interno hanno messo a punto come di consueto le procedure di arrivo dei profughi in Italia ricevendo di fatto il nulla osta. Da qualche settimana i rifugiati si trovano nella capitale dell’Etiopia, Addis Abeba, per sbrigare tutte le formalità necessarie per ottenere il visto dall’ ambasciata italiana. Impronte digitali, registrazioni, controlli. La Caritas italiana da mesi è al lavoro nei campi profughi in Etiopia per selezionare i casi vulnerabili. Ad attendere i profughi a Roma ci saranno gli operatori delle Caritas diocesane che li accoglieranno e si occuperanno della loro integrazione.

“Ci saranno oltre 20 Caritas diocesane che in questi mesi – ha spiegato un operatore Caritas al Tg2000 – si sono attrezzate per preparare gli appartamenti e le comunità per l’accoglienza di queste persone. Sono nuclei familiari, persone singole, uomini e donne. Ci sono anche alcune donne vittime di violenze e torture”.

“Sono davvero emozionato”, ha spiegato, ai microfoni del Tg2000, Uddin eritreo scappato dal suo Paese perché perseguitato dal regime di Asmara. Con la famiglia sarà accolto ad Assisi. “Non vedo l’ora di andare ad Assisi – ha proseguito l’eritreo – Io sono grato fin da adesso alle persone che in Italia ci accoglieranno. Conoscere persone nuove vuol dire imparare ed apprezzare una nuova cultura. E’ esattamente quello che voglio fare. Ho imparato anche qualche parola d’italiano come ‘buongiorno’ e ‘buonanotte’. La vita nel campo profughi dove ho vissuto è durissima: il cibo non è abbastanza, le cure mediche sono scarse. Le baracche sono fatte di plastica e lamiera. Non si possono chiamare case, ci piove dentro e quando fa caldo è insopportabile viverci. Il campo profughi non è un posto adatto agli esseri umani. Grazie Italia”.