Parolin ricorda i 90 anni degli accordi tra Italia e S.Sede. Hanno salvato tanti ebrei e oggi permettono di adoperarsi per la pace nelle diverse situazioni

“Quanti ebrei furono salvati dalla Santa Sede grazie al riconoscimento della sua autonomia come Stato stabilita nei Patti Lateranensi!”. Con questa esclamazione, ricordando l’uso che Pio XII volle fosse fatto degli edifici extraterritoriali a Roma e Castelgandolfo, nel tentativo spesso riuscito di evitare le deportazioni, il cardinale Pietro Parolin ha risposto a tutte le possibili obiezioni anticoncordatarie in occasione del Convegno sui 90 anni dei Patti Lateranensi promosso all’Università Lumsa dalla Scuola di alta formazione in diritto canonico, ecclesiastico e vaticano, diretta dal professor Giuseppe Dalla Torre.

Il segretario di Stato ha ricordato anche il ruolo che potè esercitare, durante la seconda guerra mondiale, l’Ufficio Prigionieri voluto da Papa Pacelli e diretto dall’allora monsignor Montini, un servizio straordinario che potè essere offerto proprio grazie alla entità statale ottenuta nel 1929 dal Vaticano.

Secondo Parolin, non si può “fare memoria dell’evento storico dell’11 febbraio 1929, che segnò una svolta nella vita della Santa Sede dopo le angustie seguite alla Presa di Porta Pia”, senza citare i “corali riconoscimenti al Magistero dopo la prova terribile della seconda guerra mondiale, da cui la Santa Sede uscì rafforzata sotto il profilo morale a livello mondiale”.

“Mai – ha osservato – il Vaticano aveva goduto di tanta autorevolezza. E la fine della guerra segnò l’inizio del processo che ha portato la Santa Sede ad avere un ruolo a livello internazionale e all’infittirsi dell’attività negoziale”. Un servizio che la Santa Sede compie “in maniera non isolata ma in rapporti con tutte le parti, una condizione che permette azioni efficaci come accadde nel caso dell’assistenza ai prigionieri di guerra”.

“Pio XII – ha spiegato Parolin – proprio grazie ai Patti Lateranensi si trovò in una situazione di neutralità positiva, che è tipicamente propria della Chiesa. Quella di chi senza prendere parte nè per l’una nè per l’altra parte può offrire aiuto alle persone e ai popoli”.

“Questo – ha sottolineato – avvenne anche durante l’occupazione di Roma. E bisogna attribuire allo scudo protettivo che era stato creato con l’extraterritorialità la possibilità che si ebbe per nascondere e mettere in salvo tante persone”. Ed è questa, ha scandito, “una prova eccezionale della bonta’ di quegli accordi”.

Parolin ha poi ricordato “il valore della soggettività internazionale della S. Sede” che proprio dai Patti Lateranensi è riconosciuta. E che obbedisce, ha fatto notare, alla dimensione spirituale della Chiesa, cioe’ al mandato evangelico ‘andate e annunciate la buona novella’”. E che spinge il Papa e dunque la S. Sede, a “aiutare senza ingerirsi, con un’opera a servizio del bene comune, di società cioè pacifiche e riconciliate”.

Un impegno, ha continuato, che “intende favorire il contrasto delle diseguaglianze, ancora più vitale ed opportuno in un tempo di tensione tra globalizzazione e localismi. Un lavoro immane – ha concluso – che ancora l’attende, un impegno a cui la S. Sede non può nè intende sottrarsi”.