Per i sacerdoti cinesi, nelle città i vescovi non hanno quasi alcun ruolo. Cosa scrive La Civiltà Cattolica

“È interessante osservare il modo in cui le reti di lavoratori cattolici hanno progressivamente preso forma nelle grandi città, la loro concreta organizzazione e le mo­tivazioni che guidano i loro leader laici. Infine, si possono mettere a confronto queste reti presenti in varie parti del Paese, per evidenziarne le analogie e le differenze, ma anche i punti di forza e le sfide”. Lo scrive la rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica in un articolo a firma del direttore Antonio Spadaro e del teologo francese Michel Chambon, all’interno del quaderno 4041 in uscita oggi, e il cui abrast è disponibile sul sito della rivista.

“Sotto molti aspetti – afferma l’articolo – queste reti cattoliche sono paragonabili al modello protestante di Wenzhou. Una differenza, invece, sta nel fatto che le Comunità di Wenzhou sono molto più orientate al sostegno delle proprie attività commerciali e alla conversione di non cristiani, mentre si concentrano meno sulla formazione religiosa dei propri figli. Si deve infine notare che i sacerdoti cattolici entrati al servizio delle nuove reti urbane cattoliche si trovano in una posizione con­trattualizzata. I vescovi praticamente non hanno alcun ruolo nella loro nomina. Per molti versi, l’opera dei sacerdoti viene implicitamente limitata all’amministrazione dei sacramenti, e il sa­cerdote è costantemente costretto a negoziare la propria funzione pastorale. Ma le reti creative, flessibili e transregionali, a cui i mi­granti cattolici hanno dato vita, offrono un prezioso sostegno alle parrocchie e alle diocesi tradizionali della Chiesa in Cina”.

“La rapida trasformazione del cattolicesimo cinese e il suo adat­tamento a un nuovo contesto urbano hanno obbedito all’impulso di un’ampia serie di elementi che vanno oltre l’operato dei membri del clero. È interessante osservare le motivazioni, l’organizzazione e le influenze di uno specifico tipo di fedeli che stanno sviluppan­do il cattolicesimo cinese: quei cattolici, laici e intraprendenti, che sono passati dal paesaggio rurale alla crescita vorticosa delle città”, si legge ancora nel testo dell’articolo pubblicato sulla storica rivista dei gesuiti.

Che così aggiunge: “Centinaia di migliaia di cattolici, infatti, a partire dagli anni Ottanta, hanno lasciato i loro villaggi in cerca di opportunità migliori. Oggi molti di loro sono cittadini ben inseriti, che traducono an­che il proprio impegno religioso in un nuovo stile di vita. Alcuni di loro stanno costruendo qualcosa che va oltre la tradizionale vita parrocchiale, e ciò è per lo più sconosciuto alla maggior parte di coloro che si interessano della Chiesa in Cina”, si legge nell’articolo, che spiega che “per questo è utile accendere una luce su questi migranti cattolici e sulle loro reti, al fine di mostrare quanto il loro apporto sia decisivo. In primo luogo, è necessario conoscere i recenti cambiamenti socioeconomici della Repubblica popolare ci­nese, per spiegare il contesto sociale che ha indotto i cattolici delle campagne a lasciare i loro luoghi natali”.