Per vincere il bullismo. La scuola deve insegnare ai ragazzi a pensare con la propria testa. Una riflessione del cardinale Bagnasco

“I ragazzi, oggi, sono strategicamente stimolati, quasi costretti, perché non pensino”. Inoltre, la “cultura occidentale pretende di omologare il pensiero” e per questo il compito principale degli educatori e dei docenti dovrebbe essere di “aiutare i ragazzi a imparare a pensare”. Ne è convinto il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, che ieri pomeriggio nel capoluogo ligure ha incontrato il mondo della scuola in occasione del tradizionale appuntamento per la “Pasqua della scuola” organizzato dall’Ufficio scolastico della diocesi. Viviamo in una cultura “individualista” e della “distrazione”, ha detto il cardinale, riferendosi direttamente alla diffusione di cellulari e tablet e, a suo avviso, tale distrazione “è strategica, voluta, programmata, non solo per l’amplissimo ritorno di profitti, ma per devastare e liquidare l’umano”. Ha citato Vaclav Havel – “il regime non voleva farci pensare” – e il volume “Retrotopia” di Zigmunt Bauman per il quale “oggi tendiamo a temere il futuro, avendo perso fiducia nella nostra capacità collettiva di temperarne gli eccessi, di renderlo meno spaventoso e orribile”. L’appello rivolto dal porporato ai docenti – tra cui numerosi docenti di religione – è quindi quello di aiutare i giovani ad “uscire dalla omologazione” perché “la cultura occidentale ed europea pretende di omologare il pensiero e questo è sbagliato ed è ingiusto”.

“La vita può spaventare. Quanti ragazzi oggi hanno paura di non farcela davanti alla vita. Si mostrano più o meno bulli ma è espressione di una paura sostanziale”, ha detto ancora il cardinale. “Bisogna certamente parlare del rispetto, della uguaglianza, ma la radice” del fenomeno del bullismo “non è la mancanza di rispetto o di uguaglianza: è la paura che uno cerca di superare con queste forme sciocche e aberranti”. Per questo ha ricordato agli insegnanti presenti che “lo scopo dell’educazione è introdurre alla realtà, che non è solo ciò che si vede”. Il cardinale ha quindi esortato i docenti a insegnare ai giovani cosa sia “la vera libertà, che è cosa diversa dalla scelta” e ha chiesto loro di impegnarsi in una “educazione all’amore che non è possesso ma donazione”, di insegnare che i legami e le regole, “lungi dal soffocarci, ci liberano dai nostri istinti” e di guidare alla “umiltà: la persona umile – ha concluso – è colei che vive davanti alla verità” e che “giunge a riconoscere che tutto è dono, che niente è possesso, né il mondo né gli altri, ma neppure io sono in possesso di me stesso”.