Progressisti, centro e l’esempio di un buon politico. Il graffio di Vittorio Pasquino

Mentre il dibattito politico si anima intorno alla questione Aquarius e Migranti, continua il silenzio di quella parte politica che mai come adesso dovrebbe approfittare del momento storico per doversi riorganizzare e ricompattare mentre l’Italia viene governata, me ne scuseranno quelli dell’ala sinistra del Movimento 5 stelle, dalle destre.

La guerra di bande che imperversa nel PD sembra non solo non essere finita, ma addirittura volutamente procrastinata in attesa del congresso che ancora aspetta una data definitiva. L’aver conquistato qualche città alle amministrative, riuscendo un minimo a fermare l’emorragia del 4 marzo, può rappresentare quella base di ripartenza su cui ricostruire la discussione per una nuova rinascita che al momento appare lontanissima. Orlando dice una (quasi) verità sui forse non si può obiettare: il partito non esiste più e va riscritto con nuove regole. Proprio in questi giorni un’opinionista preparatissimo come Cazzullo pone la questione sul binario giusto e cioè sul dualismo dell’ala sinistra (Martina) e quella moderata (Del Rio) che poi non è altro che l’eterna indecisione mai superata del binomio Ds-Margherita. Il collante come Prodi non funziona più, la vecchia guardia come D’Alema (ieri a la7) in un certo modo ammette la resa e pertanto sono più le idee a dover correre e scornarsi per partorire un nuovo soggetto capace di parlare a 360 gradi a quella parte del paese che, nonostante il voto di pancia ai grillini, ancora non si sente rappresentata. Più che di uomini, cioè, si sente una mancanza di ideologia o filosofia politica che faccia ripartire una bella stagione riformista che comunque, al netto di ogni appartenenza, manca a tutto il parlamento.

Aldo Moro soleva ripetere una verità scolpita nella pietra: la Dc vinceva (o perdeva) perché era un partito interclassista che sapeva guardare alle varie anime del nostro paese che fin dalla sua nascita era frastagliato e altamente eterogeneo: Montanelli, inoltre, ripeteva spesso che gli italiani non conoscono la loro storia perché non la studiavano. Se i politici oggi lo facessero un po’ di più, comprenderebbero il perché dell’alta disomogeneità del nostro paese. Proprio in tal senso il M5S, a parer mio, ha vinto oggi, perché ha saputo intercettare il disagio di tutte le componenti sociali: giovani disoccupati, esodati, commercianti, imprenditori. Perderà domani perché non sembra costruire un’idea e un programma concreto di governo, plasmandolo in svariati modi a seconda delle circostanze. Il centro e la sinistra, hanno un solo modo per poter tornare a vincere: costruire in maniera congiunta una proposta di paese concreta che superi slogan su cui poggiano la peggiore inconsistenza (si guardi alle assenze della Lega nelle riunioni sul Trattato di Dublino) e le promesse da Gatto e la Volpe (alias, il reddito di cittadinanza).

Peter Wehner, in bellissimo saggio pubblicato dal Ny times, sostiene come nel mondo aggressivo di oggi la moderazione venga vista come una mancanza di coraggio e di come sia più semplice far apparire l’interlocutore come debole o inconsistente piuttosto che cercare la strada più impervia del confronto. Credo che sia sempre stato così; chi ha costruito le fondamenta della società civile delle nazioni prospere, oltre i dittatori od i tiranni, sono stati proprio quelli che con pazienza, studio, competenza, tenacia hanno saputo far convergere in concretezza la sottile arte del compromesso che è la politica. Altrimenti, l’onestà sbandierata e il “purismo” totalizzante rischiano di schiantarsi subito alla prima indagine.

A proposito delle riunioni del trattato di Dublino, sono venuto a conoscenza della deputata Elly Schlein. È una mia coetanea ed in rete ho trovato molto materiale su di lei e sui suoi interventi. Sembra una persona preparata, moderata (non in senso “centrista”) e dai buoni contenuti. Mi sembra proprio quell’identikit di politico giovane da cui i riformisti possono ripartire. Ripartire non guardando a leadership estemporanee a cui poi segue il solito codazzo di lacchè, nani e ballerine di cui siamo circondati, ma a un insieme di persone e pensatori moderni e preparati su cui costruire il futuro di un’Italia più attenta ai temi sociali, alle disuguaglianze, alle politiche economiche per il sud, all’ambiente, alla lotta alle mafie, all’energia pulita, alle donne, ai diritti dei lavoratori, alla libertà di impresa, alla riforma della pubblica amministrazione. Sono convinto, e la Schlein ne è una felice testimone, che si possa riuscire a farlo anche e soprattutto dentro l’Europa, interpretando il ruolo che meritiamo. Soprattutto noi, cittadini comuni, meritiamo di più.

Vittorio Pasquino