“Temere la concorrenza nell’annuncio non è cristiano”. Francesco cita Ratzinger contro il proselitismo cattolico

Da parte di molti cristiani “in buona fede, anzi, con zelo, si vorrebbe proteggere l’autenticità di una certa esperienza, specialmente carismatica, tutelando il fondatore o il leader dai falsi imitatori. Ma al tempo stesso c’è come il timore della ‘concorrenza’, che qualcuno possa sottrarre nuovi seguaci, e allora non si riesce ad apprezzare il bene che gli altri fanno: non va bene perché ‘non è dei nostri’. È una forma di autoreferenzialità”. Papa Francesco ha pronunciato queste parole all’Angelus, invitando “a fare un po’ di esame di coscienza”, riguardo a queste chiusure.

“Il timore della concorrenza, questo è brutto”, ha esclamato il Papa. “Qui – ha spiegato – c’è la radice del proselitismo”. La comunità cristiana, diceva Papa Benedetto, cresce per attrazione, per testimonianza, non per proselitismo”, ha ricordato esortando a rifiutare come Chiesa le categorie “amico, nemico, tuo, mio”.

“La grande libertà di Dio nel donarsi a noi costituisce – ha osservato Francesco – una sfida e una esortazione a modificare i nostri atteggiamenti e i nostri rapporti”. “È l’invito – ha continuato il Papa – che ci rivolge oggi Gesù. Egli ci chiama a non pensare secondo le categorie di ‘amico/nemico’, ‘noi/loro’, ‘chi è dentro/chi è fuori’, ma ad andare oltre, ad aprire il cuore per poter riconoscere la sua presenza e l’azione di Dio anche in ambiti insoliti e imprevedibili e in persone che non fanno parte della nostra cerchia”.

“Si tratta – ha suggerito il Papa riferendosi al brano evangelico letto nelle liturgie di oggi che racconta come i discepoli avessero visto un uomo, il quale non faceva parte del gruppo dei seguaci di Gesù, ma scacciava i demoni nel nome di Gesù, e perciò volevano proibirglielo – di essere attenti più alla genuinità del bene, del bello e del vero che viene compiuto, che non al nome e alla provenienza di chi lo compie”.

Secondo Francesco, “invece di giudicare gli altri, dobbiamo esaminare noi stessi, e ‘tagliare’ senza compromessi tutto ciò che può scandalizzare le persone più deboli nella fede”. “La Vergine Maria, modello di docile accoglienza delle sorprese di Dio, ci aiuti – ha concluso – a riconoscere i segni della presenza del Signore in mezzo a noi, scoprendolo dovunque Egli si manifesti, anche nelle situazioni più impensabili e inconsuete. Ci insegni ad amare la nostra comunità senza gelosie e chiusure, sempre aperti all’orizzonte vasto dell’azione dello Spirito Santo”.

Ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unita’ dei Cristiani, consapevole delle relazioni non sempre facili tra cattolici e pentecostali, carismatici ed evangelici, il Papa ha raccontato una sua esperienza personale con il Rinnovamento cattolico. “Vorrei fare un mea culpa”, ha detto. “Quando ero (superiore) provinciale, avevo proibito ai gesuiti di entrare in rapporti con queste persone – col Rinnovamento cattolico – e avevo detto che piu’ che una riunione di preghiera sembrava una ‘scuola di samba’! Poi ho chiesto scusa, e come vescovo avevo un bel rapporto con loro, con la Messa in cattedrale… Ma ci vuole un cammino per capire. Tra le varie attività condivisibili vi sono la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio, il servizio ai bisognosi, l’annuncio del Vangelo, la difesa della dignita’ della persona e della vita umana”.

Secondo Francesco “in una fraterna frequentazione reciproca, noi cattolici – ha aggiunto – potremo imparare ad apprezzare l’esperienza di tante comunità che, spesso in modi diversi da quelli ai quali siamo abituati, vivono la loro fede, rendono lode a Dio e testimoniano il Vangelo della carità. Nello stesso tempo, loro saranno aiutati a superare pregiudizi sulla Chiesa Cattolica e a riconoscere che nel tesoro inestimabile della tradizione, ricevuta dagli Apostoli e custodita nel corso della storia, lo Spirito Santo non è affatto spento o soffocato, ma continua a operare efficacemente”.