Terremoto. Intatte le ostie sepolte con la parrocchia di Arquata. Il vescovo non commenta ma si commuove

Sotto le macerie della chiesa parrocchiale di Arquata del Tronto è stato ritrovato un tabernacolo, finito insieme ad altri reperti in un magazzino. Quando è stato poi restituito alla diocesi, alcuni giorni fa, la scoperta: all’interno la pisside era riversa, ma non si era aperta. Dentro c’erano 40 ostie perfettamente intatte, sia nel colore che nella forma e nell’odore. Nessun batterio o muffa come capita a tutte le ostie dopo qualche settimana. E invece quelle, ad un anno e mezzo di distanza, sembravano fatte il giorno prima. Ora le ostie tolte dalle macerie sono state portate nella Cattedrale di Ascoli. E il vescovo, monsignor Giovanni D’Ercole, non si esprime sull’episodio che non ha spiegazioni: “La fede – spiega – richiede prudenza. Si resta senza parole. E’ un segno di speranza per tutti. .Davanti a un fatto come questo – dice all’AGI – sicuramente si rimane in silenzio. Semplicemente commuove e rafforza la fede in Gesù terremotato che è rimasto vivo per consolare la popolazione di Arquata”.

“Questo ritrovamento è una grande gioia e un messaggio per tutta la comunità. Sì, per me è un miracolo, ma è ovvio che chi non ha fede non può credere a nulla. Ma non potrà mai dire che ci sono state manomissioni. Il Signore ha fatto tutto da sé”, afferma il parroco don Angelo Ciancotti, parroco della Cattedrale di Ascoli, intervistato dal Resto del Carlino sul ritrovamento delle 40 ostie sotto le macerie di Arquata.
I fatti, che ricordano il miracolo eucaristico di Siena del 1730 e davanti al quale S. Giovanni Paolo II esclamò “Ecco la presenza!”, li riassume lo stesso sacerdote. “Ho uno stretto rapporto con le zone colpite dal sisma – dice -, i miei genitori erano di Arquata e Pescara e conoscevo ogni persona scomparsa tra le macerie, così come ogni singola via di quei paesi. Per questo, anche sulla spinta di alcuni residenti, mi sono impegnato nelrecuperare tutte le opere che si potevano recuperare.
Quei luoghi – spiega – hanno un grande legame con i simboli sacri”. Come i tabernacoli: “Ho fatto una ricerca tra quelli che erano stati salvati e quelli no, tra questi quello originario del ‘500 della chiesa di S. Maria Assunta di Arquata, chiesa distrutta dalla scossa di ottobre. Più tardi, grazie ai Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio artistico, venni a sapere che era stato recuperato e custodito in un magazzino individuato dalla Diocesi e, non appena possibile, l’ho preso, fatto pulire e messo in sacrestia”.
Quindi, qualche settimana fa la grande scoperta, raccontata con inevitabile emozione: “La serratura era chiusa, io avevo una chiave di un’altra cassetta in ufficio e ho detto: ‘proviamo’. Si è aperta al primo colpo”. Ma la sorpresa maggiore doveva arrivare: Le particole erano state preparate dalle suore del convento di Sant’Onofrio: “Ho subito chiesto se avessero usato conservanti e mi hanno detto: ‘No, solo acqua e farina’”.
Don Angelo, tuttavia, è il primo ad essere prudente: “Sono ‘cugino’ di San Tommaso – scherza – per questo le ho fatte vedere a diversi testimoni. Maogni domenica faccio l’adorazione eucaristica nella cappella del SS. Sacramento al Duomo”, luogo dove la pisside è ancora conservata. E ora che succederà? “E’ ancora presto per parlare, ma sono convinto che si andrà avanti come succede in questi casi”.