Un applauso per il beato Tiburzio che non voleva diventare vescovo. Lo ha chiesto il Papa dopo l’Angelus

“Amo così tanto la mia gente che non la cambierei per una mitra; solo la voce di Dio ha il potere di tirarmi fuori dalla mia parrocchia”, diceva padre Tiburzio Arnáiz Munoz, gesuita spagnolo beatificato ieri dal cardinale Angelo Giovanni Becciu a Malaga. È stato il fondatore delle Missionarie delle Dottrine Rurali. “Rendiamo grazie al Signore per la testimonianza di
questo zelante ministro della Riconciliazione e instancabile annunciatore del Vangelo, soprattutto tra gli umili e i dimenticati. Il suo esempio ci spinga ad essere operatori di misericordia e missionari coraggiosi in ogni ambiente; la sua intercessione sostenga il nostro cammino”, ha affermato Papa Francesco all’Angelus chiedendo un applauso per questo nuovo beato della Compagnia di Gesù.

Il religioso proveniva da una
famiglia povera. Rimasto orfano di padre a 5 anni e con una mamma che faceva i salti mortali per occuparsi di lui e della sorella Gregoria, come solo le mamme sanno fare. A 13 anni riuscirà a coronare il suo sogno: studiare in seminario, ma presto potrà frequentarlo solo da studente “esterno” perché dovrà aiutare a casa lavorando come sacrestano nel convento delle Domenicane dove poi entrerà la sorella, una famiglia con pochi mezzi, dunque, ma traboccante spiritualità, devozione e preghiera. Già da parroco si intravide il suo zelo fervente e anche la sete che aveva del Signore: dopo aver conseguito il dottorato in Teologia a Toledo nel 1896 decise che doveva essere il cuore di Gesù il centro della sua vita e decise di entrare nella Compagnia di Gesù.