Venezuela, esodo in milioni

In un’intervista rilasciata all’agenzia francese France 24, il Presidente venezuelano Nicolas Maduro ha negato con forza che esistesse una crisi migratoria nel suo Paese. Ma, ogni giorno, migliaia di venezuelani indigenti partono in ricerca di una vita migliore.

“No c’è mai stata una crisi migratoria, e mai ci sarà”, affermava lo scorso 16 Maggio ai microfoni di France 24 il Capo di Stato venezuelano Nicolas Maduro, rieletto poche ore fa dopo una tornata elettorale infuocata. Per tagliare corto alla domanda, si è dichiarato vittima, così come il suo Paese, di una campagna denigratoria permanente da parte della Colombia e degli organismi internazionali, affermando che le informazioni comunicate sul numero di migranti venezuelani erano “pura invenzione”. Le cifre in questione sono però pubblicate dall’Organizzazione Internazionale per le migrazioni (OIM), che ha recensito un milione di venezuelani sulle strade dell’esilio dal 2015. Secondo un rapporto pubblicato lo scorso Aprile dall’OIM, la Colombia è così diventata il primo Paese di accoglienza per questi migranti, ricevendo 12,5 volte in più di rifugiati rispetto a due anni fa, seguita dal Brasile (sette volte in più), dalla Repubblica Domenicana (cinque volte in più) e dall’Argentina (il doppio). Nel rapporto si afferma che i movimenti migratori della Repubblica bolivariana, solitamente diretti verso il Nord America,  sono ormai orientati verso l’America del Sud.

Simbolo di questa crisi umanitaria in America latina, il ponte internazionale Simon Bolivar, che collega il Venezuela alla Colombia, sul quale transitano ogni giorno migliaia di uomini e donne. Numerosi sono coloro che hanno camminato, fagotti in spalla, giorni e giorni per raggiungere la città frontaliera colombiana di Cùcuta. “Alcuni migranti sono in uno stato critico”, ha constatato Rigoberto Lobo, direttore generale del’ONG locale Promedehum, incaricato di promuovere l’istruzione e la difesa dei Diritti Umani. In missione in questa zona da metà Maggio, è rimasto particolarmente colpito dal fatto di ”incontrare bambini affamati che non mangiavano da giorni”. Lo scorso 24 Febbraio, una giovane rifugiata intervistata da France 24 aveva affermato che “o muori di fame, o lasci il Paese”. Totalmente indigente, la venezuelana ha scelto di raggiungere la Colombia nella speranza di trovarvi cibo e un lavoro per offrire un futuro alla sua famiglia. Dietro a lei ha lasciato, nella sua città di provenienza Maracaibo situata a un centinaio di chilometri dalla frontiera, un figlio di sei anni. Numerose famiglie sono costrette al lasciare che un padre o un figlio tentino l’avventura, afferma Rigoberto Lobo che si rammarica per “la tangibile frattura della famiglia venezuelana” generata da questa ondata migratoria.

Come può il Venezuela, uno dei principali esportatori di petrolio, essere sprofondato in una crisi così profonda? Nicolas Maduro, arrivato al potere dopo la morte del carismatico e popolare Hugo Chavez nel 2013, non è riuscito  a gestire la caduta dei prezzi del petrolio del 2014, portando il Paese in una crisi economica senza precedenti. L’inflazione ha raggiunto il 13.779% nel 2017, secondo uno studio pubblicato a Maggio dall’Assemblea nazionale Venezuelana, dominata dall’opposizione. Oltre alle gravi penurie alimentari e di medicine si sono raggiunti livelli di violenza endemica mai visti. Secondo l’Osservatorio venezuelano sulla violenza, il tasso di omicidi nel 2017 è stato di 89 ogni 100.000 abitanti. Tuttavia, questa crisi si alimenta nella più grande indifferenza. “Non solo il Governo venezuelano nega la situazione, ma ne approfitta per ricattare e derubare i migranti in attesa alla frontiera”, denuncia Lobo, che punta il dito sulla responsabilità dei servizi amministrativi dell’immigrazione. Lui stesso ne è stato vittima: “Quando ho varcato la frontiera la scorsa settimana, un ufficiale delle forze armate ha esaminato i miei bagagli e mi ha portato in una stanza per chiedermi di abbassare i pantaloni e togliermi gli indumenti intimi, racconta. Ufficialmente, cercano materiale di contrabbando ma vogliono soprattutto verificare che la gente non lasci il Paese con valuta estera”.

Solamente la Colombia ha allertato la Comunità Internazionale per chiedere aiuto. In visita a Cùcuta, il Commissario Europeo per gli aiuti umanitari Christos Stylianides ha annunciato lo svincolo, da parte dell’Europa, di due milioni di euro per il Venezuela e di sei milioni per la Colombia. Inoltre, l’HCR ha incoraggiato gli Stati a semplificare le richieste e le procedure di statuto di rifugiato ai milioni di venezuelani in attesa di ufficializzare la loro posizione. Di fatto, la Colombia fa fronte ad un vuoto legislativo in materia di migranti. “Ciò lascia la sorte di queste persone alla discrezione dei funzionari di turno, puntualizza Rigoberto Lobo. Non c’è neanche traccia di permesso di lavoro, cosa che alimenta lo sfruttamento della manodopera”. In seguito alla pressione generata dal sovraffollamento delle città frontaliere colombiane, il Presidente Juan Manuel Santos per regolare il flusso incessante di migranti ha dovuto dispiegare lungo i 2219 chilometri di frontiera 3000 uomini. Il Governo colombiano ha anche inasprito la sua politica migratoria non lasciando entrare che coloro in possesso di un passaporto o di un permesso speciale. Risultato: sempre più venezuelani entrano illegalmente sul territorio passando per sentieri secondari. L’ONG Promedehum evidenzia che questo aumenta il rischio di aggressione di questi disperati da parte di gruppi armati.

Con la rielezione di Maduro, le ONG non son affatto ottimiste. Ci si aspetta che l’ondata migratoria aumenti in modo esponenziale. La preoccupazione è più che lecita visto che gli Stati Uniti, che hanno già imposto sanzioni a diverse imprese venezuelane, hanno più volte affermato che se fosse stato rieletto il Presidente uscente, avrebbero isolato ulteriormente il Paese.

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