La Sinistra e le lezioni imparate troppo tardi

Il forzato cambio ai vertici del gruppo FCA, che continuiamo a chiamare FIAT – dovuto alle condizioni di salute di Sergio Marchionne che hanno determinato il decesso – è stato oggetto di fin troppi commenti non solo specialistici o provenienti da addetti ai lavori, ma anche di ben altra natura che hanno visto come vittima l’uomo Marchionne. Tra gli altri abbiamo letto commenti e titoli meschini come quello de Il Manifesto, ed anche un post del Governatore della Toscana, Enrico Rossi, che ha duramente criticato l’operato del manager. Il Governatore che le cronache definiscono socialista con lo sguardo rivolto al passato, ha sottolineato aspetti dell’operato di Marchionne, definendolo manager capace per gli azionisti e poco o niente attento ai diritti dei lavoratori, diminuiti nel numero, oltre che vittime di autoritarismo in fabbrica per piegare loro e i sindacati. Pioggia di polemiche, commenti e critiche fino alle scuse di Rossi alla famiglia, ma nessun passo indietro sui contenuti.

Prescindendo dalla considerazione umana che determinate critiche si dovrebbero muovere solo a chi è in grado di difendersi, il commento di Rossi dimostra ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, come nella Sinistra italiana permangano posizioni radicali, ancorate ad un passato probabilmente romantico, ma del tutto svincolato e scollegato dalla realtà e pone spunti di riflessione sulle scelte politiche delle formazioni che non riescono a prescindere da una ideologia del tutto anacronistica.

Su Marchionne il dibattito resterà aperto e si continuerà a discutere se abbia evitato il definitivo tracollo di un’azienda nata e sviluppata su basi locali e con aiuti che oggi si definirebbero di Stato (dallo sviluppo della rete di trasporti su gomma a scapito di quello su rotaia agli incentivi alla rottamazione auto), ovvero se la sua opera sia stata volta solo a salvaguardare le posizioni degli azionisti a scapito di altri interessi. Peraltro ogni valutazione non dovrebbe prescindere dalle situazioni globali e dei mercati che sono ben diverse da quelle che portarono molti anni fa la FIAT ad aprtire siti produttivi in Polonia, Brasile e Turchia. Marchionne ha anche dovuto affrontare, non dimentichiamo, la crisi del 2008 che si trascina ancora oggi.

Lasciando quindi ad altre sedi e ad altri momenti le valutazioni su una gestione aziendale, deve porsi in evidenza come le posizioni espresse da Rossi costituiscano una chiave di lettura politica che esula dagli aspetti industriali ed economici che, peraltro, sono dovrebbero essere valutati in una diversa ottica.

In particolare Rossi ha completamente dimenticato di valutare la posizione e il ruolo dei lavoratori durante l’era Marchionne nella quale, pur a fronte di cambiamento radicali ed epocali per il maggior gruppo industriale italiano, non abbiamo assistito né ai colossali scioperi del passato, né a manifestazioni e lotte sindacali in piazza a tutela di posizioni o diritti dei lavoratori. Probabilmente esiste un sindacato più consapevole che non in passato o forse lavoratori che non si vedono più solo classe sfruttata bensì parte di un’azienda. Difficile esprimersi sul punto.

Ma il commento di Rossi lascia emergere come persista nella Sinistra italiana (o comunque in quella parte politica che insiste a considerarsi tale), un animo attaccato ancora alle vecchie ideologie che governavano il PCI, partito che aveva ragione di esistere in un precedente contesto storico e sociale, e che frenano drammaticamente il cammino politico dei suoi presunti o sedicenti eredi.

È davanti agli occhi di tutti il caos politico di quella che è la situazione nella Sinistra, in particolare in quello che dovrebbe essere il maggior partito di opposizione, che vorrebbe rappresentare un’alternativa all’attuale governo, anche in chiave di prospettiva. Sul punto Rossi ha chiaramente manifestato le proprie idee quando, nel 2017, lasciò il partito con cui era stato eletto per fondare, con altri ex esponenti del PCI, Articolo 1, Movimento Democratico e Progressista, l’ennesima scissione della galassia ex comunista cui hanno aderito un ex leader (D’Alema) e un mancato premier (Bersani). Non certo un’esperienza riuscita. Ma Rossi è oggi andato oltre.

Ancora una volta, chi vorrebbe porsi come leader di un movimento che si definisce progressista, dimentica le lezioni del passato e, nello specifico, quella che venne data alla Sinistra, probabilmente dandogli uno scossone definitivo, dalla Marcia dei quarantamila. Il 14 ottobre 1980 migliaia di impiegati e quadri della FIAT sfilarono per le vie di Torino per protestare contro i picchettaggi organizzati dai sindacati per protestare contro i provvedimenti dell’azienda.

Forse è un paragone improprio, ma viene da riflettere se l’era Marchionne alla FIAT, oggi FCA, sia una prosecuzione anche di una scelta dei lavoratori che il 14 ottobre del 1980, si staccarono da una visione del lavoro in fabbrica ormai obsoleta. Tra i cartelli quel giorno spiccavano frasi quali «il lavoro si difende lavorando» e «vogliamo la trattativa, non la morte della Fiat» Questa visione si protrae ad oggi e ai colletti bianchi che guidarono quella marcia si sono aggiunti anche gli operai comunque già presenti allora.

E in tal senso si pone anche il totale flop organizzato da alcuni sindacati per protestare contro l’acquisto di un calciatore, sciopero cui hanno aderito in pochissimi. Un chiaro messaggio che speriamo venga colto, verso chi vuole porsi come leader e guida di un movimento o un partito. Enrico Rossi non lo ha fatto.

Resta il valore dell’opera di Marchionne che ha visto sicuramente molti remare contro di lui. Ma non i lavoratori.

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