Sequestro fondi Lega, facciamo chiarezza

La Lega Nord deve (o forse ancora no) restituire alle casse dell’erario 48 milioni di euro o qualcosa di simile. Ciò deriva da una sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Genova che ha visto l’ex leader dal partito e alcuni suoi collaboratori condannati per avere ricevuto somme non dovute usando artifizi e raggiri a danno dei contribuenti, dello Stato e di altre istituzioni. Nel processo sono costituiti come parte civile la Camera e il Senato.

Il dibattito, ovviamente, si è fatto subito politico e vede sulle opposte barriere chi attacca la Lega che, dopo avere sbandierato la propria onestà, guida oggi il Paese e vede ancora il senatur presente in Parlamento e presidente a vita, contro lo stesso partito oggi di Salvini che, oltre a non essersi costituito parte civile nel processo (quantomeno per segnare un’importante cesura con il passato), non ha fornito prova dell’utilizzo di quella somma e sostiene che le colpe dei padri non possono ricadere sui figli.

Non è semplice potersi districare in una vicenda processualmente non semplice e che vede i necessari protagonisti sovrapporsi tra loro. In primo luogo occorre ricordare che il provvedimento emesso dal Tribunale di Genova non è ancora quello di definitiva confisca che può conseguire ad una sentenza definitiva, passata in giudicato, di condanna dei responsabili. Si tratta di una misura interinale ad un processo che impone, in via cautelativa, di bloccare i beni frutto di reato, in attesa di una pronunzia definitiva. Tenuto conto degli elementi di colpevolezza che hanno portato quindi alla condanna di Umberto Bossi e degli altri responsabili all’epoca della gestione finanziaria del partito, il Tribunale ha disposto il sequestro dei conti correnti e di quanto altro possa essere frutto della condotta sanzionata.

Si tratta, né più né meno, della stessa tipologia di provvedimenti che vengono emessi nei reati di mafia o criminalità organizzata, previsti dai nostri codici e regolarmente applicati. In punto di diritto viene peraltro dibattuto (sulla stampa e sui social) se il sequestro e la successiva eventuale confisca debba riguardare solo i beni personali di imputati condannati per essersi appropriati delle somme di un partito o tutte le somme presenti e future di quel partito. Anche qui le linee di pensiero vanno da chi vorrebbe una lettura rigorosa personalistica a chi intende che debba essere punita l’intera struttura che si è avvantaggiata da detti comportamenti. Peraltro sarebbe stato quantomeno opportuno, anche a livello politico e di immagine, che l’attuale dirigenza si fosse attivata anche in sede giudiziaria per chiedere conto dei fondi usati dalla famiglia Bossi per lauree e altre spese personali.

Purtroppo il nostro sistema giudiziario non è quello che, con assoluta mancanza di rispetto verso il pubblico, viene trasmesso da Forum o da altri programmi pseudo-giudiziari né, tantomeno, quello snello e di semplice attuazione dei telefilm americani. La sentenza di primo grado di condanna di Bossi ha dato il via ad un processo nel processo, che segue una propria strada connessa ma autonoma rispetto alla vicenda principale. Non è semplice da comprendere come concetto, specialmente da chi si pone in una prospettiva di giustizialismo puro e dimentica, tra l’altro, i principi costituzionali che prevedono anche la presunzione di innocenza fino a sentenza passata in giudicato.

La difesa politica che viene avanzata dagli attuali vertici della Lega, per quanto sembra emergere dalla stampa, è di natura politica, specialmente laddove si sostiene che privare un partito dei propri fondi equivale a colpire la democrazia.

In ogni caso dobbiamo restare in attesa della definizione del giudizio nei confronti di Umberto Bossi e degli altri condannati che, peraltro, saranno verosimilmente salvati in sede penale dalla prescrizione del reato ma resterà comunque in piedi l’aspetto economico oltre a quello di natura squisitamente politica che non potrà certo essere risolto a suon di Tweet o post su Facebook. Semplicemente limitarsi a definire “sentenza politica” il provvedimento del Tribunale di Genova, è decisamente fuorviante e destinato al pubblico di un dibattito elettorale.

Potrà però aprirsi un ulteriore fronte, laddove la magistratura voglia eseguire il provvedimento di sequestro anche ai fondi futuri della Lega e gli altri scenari giudiziari potrebbero vertere sulle diverse attuali e forse future denominazioni di un partito che iniziò ed ha giustificato la propria esistenza al grido di “Roma Ladrona”.

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