“E ora sentiamo che dice la gente… Livia, dacci le cifre del sondaggio! E’ importante sapere quel che pensano i tifosi, vogliamo conoscere tutti i numeri”: si apriva così la rubrica dedicata al sondaggio fra i tifosi, l’assist che lanciava la mia finestra all’interno di quel grande show – prima che una trasmissione tv – inscenato ogni lunedì sera da Aldo Biscardi nel suo “Processo”, su Telemontecarlo. Correva l’anno 1996, il primo campionato dopo la sentenza Bosman, il Copernico che rivoluzionò il calciomercato e dunque le logiche dei club, nonché del sogno chiamato Vicenza, a lungo nel plotone di testa, e del ritorno allo scudetto della Juve.
il ricordo — Allora non avevo consapevolezza dell’esatta portata di quel che è stato il fenomeno-Biscardi, ma studiavo quel personaggio un po’ folkloristico nella sua dimensione di showman dal capello tinto ma anche molto professionale nel dietro le quinte. Sempre circondato da un entourage familiar-professionale numeroso ed avvolgente, ricordo quanto fosse difficile quasi avvistarlo oltre quella cortina composta dal figlio Maurizio, la figlia Antonella, il nipotino, la fidata segretaria, amici e collaboratori, forse anche qualche scocciatore – almeno così pareva agli occhi miei -. E lui sempre al telefono, intento a preparare la puntata d’imminente inizio, di cui ideava personalmente scaletta e servizi, varie ed eventuali. E “sgub” e "bombe", naturalmente.
il più rosso del reame — Da subito mi è apparso un titano quasi inavvicinabile ma capace di far sentire la sua presenza anche a distanza, tanto il “Processo” era una sua diretta emanazione, dal primo all’ultimo minuto, dal primo all’ultimo servizio, in ogni sua rubrica. Tanto sghembo nella grammatica quanto acuto nell'intuizione: lo ritengo il precursore del moderno influencer - ad anni luce dalla nascita dei social -, capace di trasformare il suo nome in un brand con un gran seguito di appassionati, inseguito dagli sponsor e appetito dai protagonisti dello sport (e non solo), da Berlusconi a Moggi, da Zamparini a Gianni Agnelli (passando da Pertini collegato in diretta, Andreotti e D’Alema). Certo, ha ingenerato amore e odio, simpatia e antipatia, lodi e critiche. Ma non si può non catalogarlo fra i protagonisti della tv che hanno segnato un’epoca.