Rogo a Caivano, spunta l’ipotesi dolosa L’Arpac rassicura i residenti della zona Medici per l’Ambiente: «Bimbi a rischio»

L'incendio a Pascarola, località di Caivano
di Serena Finozzi

«Relativamente al giorno 25 luglio non sono stati riscontrati nell’area di riferimento valori critici dei parametri monitorati. Per le prime ore del giorno 26/7 sono riportati gli andamenti delle concentrazioni medie orarie dei parametri monitorati, che mostrano valori relativamente maggiori di ossidi di azoto – sebbene ampiamente entro i valori di soglia fissati dalla normativa». E’ quarto si legge nella relazione dell’Arpac sulla qualità dell’aria a seguito dell’incendio divampato mercoledì in località Pascarola di Caivano. Tutto regolare, insomma, niente di cui preoccuparsi. Peccato solo per la puzza che ancora si respira non solo a Caivano e a Marcianise. Peccato per la plastica andata in fiamme e per quel fumo nero che per ore ha invaso il territorio. Intanto, sull’incendio che per l’Arpac non ha avuto ripercussioni sulla qualità dell’aria, la Procura di Napoli Nord ha aperto un’inchiesta. Per ora l’ipotesi è di incendio colposo ma non si esclude che possano configurarsi altri titoli di reato, come il dolo o il disastro ambientale. Gli inquirenti attendono l’esito delle indagini dei vigili del fuoco di Napoli prima di procedere oltre. Verranno inoltre analizzati i filmati delle telecamere di sorveglianza dell’azienda per cercare di risalire all’origine del rogo. A lanciare l’allarme – non solo dopo il rogo di Caivano ma anche sulla scorta dei casi analoghi di San Vitaliano e Barttipaglia – sono i Medici per l’Ambiente della Campania: «Non siamo solo preoccupati per il grave danno ambientale ma denunciamo un danno di salute acuto e persistente per almeno sette anni, certificabile come rischio certo per i bambini sotto i tre anni di età e per le donne in gestazione che vivono nel raggio di tre chilometri dalla nube tossica di Caivano. Il rischio danno di salute – continuano i Medici per l’Ambiente – coinvolge la popolazione e la prevenzione collettiva dell’Asl non può limitarsi a chiudere le finestre. Riteniamo insufficienti tali misure come abbiamo perplessità sul monitoraggio tecnico dell’Arpac con cui vorremmo confrontarci per la valutazione che viene attribuita all’evento». Sul piede di guerra anche i cittadini e i comitati attivi nel contrasto del fenomeno della Terra dei fuochi. «L’incendio che ha interessato la Di Gennaro Spa – tuonano i membri di Rete di cittadinanza e comunità – a così breve distanza dal precedente di San Vitaliano, tutto lascia trasparire fuorché la presenza dello Stato nella sempiterna problematica della gestione dei rifiuti. Ma, anzi, alimenta il sospetto che dietro questi tragici eventi ci sia una regia, un disegno preciso che la longa manus della camorra stia mettendo in atto per accaparrarsi l’affaire altamente remunerativo (si parla di introiti maggiori di quelli derivanti dal traffico di droga) dello smaltimento dei rifiuti, specie in periodi di emergenza. La priorità assoluta – continuano – è quella di obbligare l’azienda interessata dalle fiamme a fornire celermente un elenco di tutti i materiali combusti al fine di conoscere le particelle che tanti cittadini hanno dovuto incolpevolmente assumere ed adottare contromisure efficaci per tutelare la propria salute. E successivamente chiedere con forza che venga adottato dalle Prefetture quanto disposto dal ministero dell’Interno, su indicazione del ministero dell’Ambiente: monitorare costantemente tutti i siti a vocazione monnezza, affinché questi episodi non si ripetano».

venerdì, 27 Luglio 2018 - 12:22
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