Il lavoro che non c’è spopola il Sud:
in 16 anni emigrati 883mila giovani

di Serena Finozzi

Un milione e 883mila persone in fuga in 16 anni. Per metà giovani con età compresa tra i 15 e i 34 anni. E’, in numeri, l’entità dell’emorragia che ha interessato il Mezzogiorno. Quasi 800mila i meridionali che, lasciate le proprie terre d’origine, non hanno più fatto ritorno. Un trend drammatico che non ha fatto registrare inversioni nemmeno a partire dal 2016, quando la ripresa economica ha manifestato segni di consolidamento: la fuga è continuata, con una perdita di oltre 131mila residenti. La regione che ha fatto registrare più ‘assenze’ è stata la Sicilia con 9300 residenti in meno, segue la Campania che ha perso 9100 cittadini e la Puglia che si ferma a quota 6300. Una vera e propria desertificazione cui non ha posto un freno nemmeno la presenza degli stranieri, pur aumentata nel corso degli anni. A lanciare l’allarme è lo Svimez che, nell’ultimo rapporto sull’economia del Mezzogiorno, evidenzia come la mancanza di lavoro continui ad essere una drammatica costante per la popolazione del Sud: il numero di famiglie con tutti i componenti in cerca di occupazione è raddoppiato tra il 2010 e il 2018, passando da 362mila a 600mila. Un dato cresciuto anche negli anni precedenti, nel 2016 e nel 2017, in media del 2% all’anno. Dinamiche economiche che, oltre a non consentire la crescita del territorio, continuano a causare il dilagare del disagio sociale e della povertà, diffusi soprattutto nelle grandi periferie urbane che, rispetto al centro, ‘pagano’ anche il prezzo di peggiori e minori servizi. Preoccupante è definita la crescita del fenomeno dei working poors: sono i ‘poveri che lavorano’, quelli che non trovano niente di meglio che lavori a bassa retribuzione e dequalificati, quelli costretti ad accontentarsi di un ‘part time involontario’. Infatti, si legge nel rapporto, l’incremento dell’occupazione meridionale – che nel 2017 pur c’è stato – è dovuto quasi esclusivamente alla crescita dei contratti a termine (+61 mila, pari al +7,5%). Stazionari quelli a tempo indeterminato (+0,2%) che hanno fatto registrare una brusca frenata rispetto alla crescita del 2,5% nel 2016. Un dato che, secondo lo Svimez, dimostra che stanno venendo meno gli effetti positivi degli sgravi contributivi per le nuove assunzioni al Sud. Non solo una crescita irrisoria e già compromessa: l’occupazione meridionale non parla ai giovani, come testimonia il progressivo invecchiamento della forza lavoro occupata. Infatti, si legge nel rapporto, il saldo negativo di 310mila occupati tra il 2008 e il 2017 al Sud è la sintesi di una riduzione di oltre mezzo milione di giovani tra i 15 e i 34 anni (-578 mila), di una contrazione di 212mila occupati nella fascia adulta (35-54 anni) e di una crescita concentrata quasi esclusivamente tra gli ultra 55enni (+470 mila unità). Nel rapporto si evidenziano comunque andamenti diversi di regione in regione. In particolare, nel 2017, Calabria, Sardegna e Campania sono le regioni che hanno fatto registrare il più alto tasso di sviluppo, rispettivamente +2%, +1,9% e +1,8%. Si tratta di variazioni del Pil comunque più contenute rispetto alle regioni del Centro-Nord, se confrontate con il +2,6% della Valle d’Aosta, il +2,5% del Trentino Alto Adige, il +2,2% della Lombardia. Salvo cambi di passo, nulla fa pensare ad un futuro diverso per le regioni meridionali: in base alle previsioni elaborate dallo Svimez, sia nel 2018 che nel 2019 il Pil del Mezzogiorno subirà rallentamenti. La crescita sarà dell’1 per cento quest’anno (a fronte dell’1,4 per cento del Centro-Nord) e dello 0,7 per cento nel 2019, a fronte dell’1,2 per cento delle regioni centrosettentrionali. Nel rapporto si sottolinea, infine, come, in assenza di una politica adeguata, a colare a picco saranno anche gli investimenti pubblici al Sud (si stimano cali di circa 4,5 miliardi di euro). «Purtroppo questi sono i dati che si riferiscono alle politiche economiche attuate fino all’anno scorso – ha tenuto subito a precisare il neo ministro per il Sud, Barbara Lezzi – Il mio ministero sta agendo sull’utilizzo operativo dei fondi europei. Con la prossima legge di Bilancio – ha aggiunto – ci saranno provvedimenti per aiutare le famiglie in difficoltà. Il numero di 600mila famiglie meridionali senza alcun occupato è un dato che il secondo paese manifatturiero d’Europa non può più tollerare. C’è stata nel passato – ha proseguito il ministro – quasi una questione intenzionale nel lasciare il Sud in miseria. C’è stata una trascuratezza nell’utilizzo dei fondi europei: il mio ministero si sta muovendo per sollecitare le Regioni nella spesa delle risorse comunitarie. Dall’anno prossimo – ha garantito – non saranno più tollerati i cosiddetti ‘progetti sponda’».

venerdì, 3 Agosto 2018 - 18:13
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