Il piano neocolonialista di Bolsonaro per lo sviluppo “dell’Amazzonia non produttiva”

Dighe, autostrade e ponti nella foresta amazzonica, nei territori indios e quilombo

[30 Gennaio 2019]

Non è servita nemmeno l’immane tragedia mineraria di Brumadinho: Maynard Santa Rosa,  il capo per gli affari strategici del governo del  presidente neofascista del Brasile Jair Bolsonario ha annunciato nuovi progetti di mega.infrastrutture che comprendono una diga idroelettrica sul fiume Trombetas, un ponte sul Rio delle Amazzoni lungo 1,5 km a Obidos e il prolungamento dell’autostrada BR-163 da Santarem, sul Rio delle Amazzoni, attraverso 480 Km di foresta pluviale, fino al confine con il Suriname. Santa Rosa, un generale in pensione, ha dichiarato che questi progetti infrastrutturali che devasteranno foreste amazzoniche che ospitano una delle biodiversità più varie del mondo hanno lo scopo di integrare «nel sistema produttivo nazionale” quella che ha definito «una regione improduttiva e desertica». Inoltre, nella regione di Trombetas ci sono 4 territori indigeni, 8 comunità di quilombo  (i discendenti degli schiavi neri fuggiti) e 5 unità di conservazione.

Santa Rosa è uno dei 7 ministri militari del governo Bolsonaro  e ha battezzato il progetto Barao do Rio Branco in onore del diplomatico che ne XiX secolo negoziò i trattati di confine con i vicini del Brasile e  l’annuncio è stato dato durante un’intervista concessa la settimana scorsa al programma radiofonico ufficiale Voz do Brasil, cosa che ha consentito a Santa Rosa di evitare qualsiasi domanda scomoda sulla fattibilità o sull’impatto ambientale del progetto.

Il generale in pensione ha detto che «L’Amazzonia ha una popolazione di 10 milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà. Non possiamo più chiudere gli occhi su questo. Dobbiamo integrare questo latifondo improduttivo nel sistema produttivo nazionale e offrire loro opportunità di lavoro e reddito».

Ha aggiunto che la nuova mega- diga «Aumenterà la capacità energetica del Brasile, fornendo elettricità per la lavorazione dell’alluminio e mettendo fine alle frequenti interruzioni di corrente nelle città di Manaus e Boa Vista. L’estensione BR-163, consentirà il trasporto di cereali dall’interno del Brasile fino al confine settentrionale della nazione. Il progetto avrebbe anche altri benefici», ma non ha spiegato quali e per chi.

Il troncone sud esistente della BR-163 percorre già centinaia di Km dallo Stato del Mato Grosso fino al porto fluviale di Santarem, nello Stato del Pará, ed è utilizzata per trasportare la soia ai terminal di Mirituba e Santarem sul fiume Tapajós, dove viene trasferita sulle navi che percorrono il Rio delle Amazzoni per esportarla verso l’Unione Europea e altri Paesi. Il generale Santa Rosa non ha spiegato come fare un altro pezzo di autostrada a nord, verso una frontiera disabitata con il povero Suriname, andrebbe a beneficio degli esportatori di soia. Ma, soprattutto, ha taciuto sull’esistenza di popolazioni indios e quilombo che vivono in un’area descritta  come desertica e che invece è la più grande foresta pluviale tropicale del mondo che pullula di vita e che è abitata da ben prima che gli antenati dei generali brasiliani colonizzassero il Brasile.

Lucia Andrade, coordinatrice esecutiva della Comissão Pró-Índio, una ONG brasiliana che difende i diritti degli indigeni, ha detto a Mongbay che «Il progetto metterà a rischio una regione dell’Amazzonia che è un mosaico di aree indigene e quilombo e di unità di conservazione di grande importanza, non solo per la popolazione che vive lì, ma per tutto il pianeta. Definirla un latifondo improduttivo è un grave errore.La regione di Trombetas ospita 4 riserve indigene, 8 comunità di quilombo e 5 unità di conservazione. In un momento in cui il mMinistero dell’ambiente è stato deliberatamente indebolito e la responsabilità per le licenze ambientali è stata trasferita al ministero dell’agricoltura, il progetto Barão do Rio Branco è estremamente preoccupante».

Ma va anche detto che il devastante progetto del generale Santa Rosa è solo l’ultimo di una lunga serie di progetti di mega-infrastrutture, proposti negli ultimi 50 anni da governi sia militari che civili del Brasile per “sviluppare” l’Amazzonia: strade, dighe, vie d’acqua industriali, ferrovie, ponti che hanno distrutto l’ambiente e scacciato dalle loro terre comunità indigene. Ma le motivazioni del progetto del generale Santa Rosa sembrano riportare il Brasile più di 30 anni indietro, quando la dittatura militare fascista trattava l’Amazzonia come un deserto vuoto e gli indios e i quilombo come poco più che animali da abbattere, ignorando le loro culture e i mezzi di sostentamento delle popolazioni indigene e tradizionali che vivono da secoli in Amazzonia.

La costituzione democratica del Brasile del 1988 fece – almeno teoricamente – piazza pulita di questa mentalità coloniale  e la foresta pluviale amazzonica diventò un luogo nel quale venne riconosciuta la diversità umana e naturale vitale per il mantenimento della stabilità globale del clima. Ora, come scrive Mongbay,  il governo neofascista di Bolsonaro torna a vedere l’Amazzonia come «un ostacolo fisico che deve essere superato per favorire il progresso dell’agrobusiness brasiliano e della sviluppo minerario per l’esportazione delle materie prime».

Chiamando il progetto Barão do Rio Branco, il governo Bolsonaro sembra voler non solo onorare un diplomatico brasiliano, ma tornare indietro al XIX secolo e ai modelli di sfruttamento coloniale e alle ferrovie e alle strade per sfruttare la gomma amazzonica. Ora che la gomma non è più un affare, l’enfasi produttivista del governo e della Bancada Ruralista che lo sostiene si è spostata sulla soia e i progetti per costruire nuove strade come la BR-163 nel bacino del Tapajos , la BR-319 nel bacino del a Maderira, il progetto Grainrail  e canali industriali in Amazonia abbondano.

Al generale Santa Rosa non sembra interessare per niente la Valutazione dell’impatto ambientale (come d’altronde ha fatto capire anche Bolsonaro nel suo recente intervento al World economi forum a Davos), ma la mega-diga che ha proposto prevede l’inondazione di territori indigeni, e sarà necessaria l’autorizzazione dal Congresso nazionale. Inoltre, le comunità indigene devono essere consultate ai sensi del diritto nazionale e internazionale, compresa la Convenzione per i popoli indigeni e tribali dell’International Labour Organization  della quale il Brasile è firmatario. Nella pianificazione del progetto, che dovrebbe essere annunciato ufficialmente entro i prossimi 2 mesi, sono coinvolti diversi ministeri, anche se Bolsonaro ha già detto che lo imporrà con un ordine esecutivo presidenziale, il che impedirà qualsiasi controllo iniziale da parte del  Congresso. Ma poi, entro 90 gorni, il Parlamento brasiliano dovrà comunque approvarlo o bocciarlo.

Fortunatamente, più che politico – vista la predominanza del centro-destra a Brasilia – il più grande ostacolo a questo devastante piano sarà di natura economica: per realizzarlo ci vorrebbero miliardi di euro di investimenti. Non a caso, nella sua intervista, il generale Santa Rosa non ha menzionato cifre e costi e non ha detto da dove arriveranno i soldi  proprio mentre il Brasile è soggetto a rigide misure di austerità e a pesanti restrizioni per la spesa pubblica.

Speriamo solo che tutto questo resti una promessa da incubo, ma le organizzazioni indigene si preparano ogni giorno di più a resistere al nuovo colonialismo sovranista di Bolsonaro.