Alta moda, migranti, striscioni e bagarre: in passerella sfilano le polemiche

Migranti e coop, costumi da spiaggia ed esotici kaftani, i versi di un ex terrorista nero divenuto cantautore e le parole di Martin Luther King, borse firmate Louis Vuitton, un blitz notturno dell’ultradestra, accuse politiche andate a confluire sul piano personale sulla spinta dei social, l’ombra del razzismo. Tutto in un unico calderone. Mix davvero eterogeneo, un unico risultato: una ridda di polemiche e reazioni a catena. Veleni pret-à-porter.

Lo striscione canterino e le accuse

Un’escalation di fatti e parole iniziata mercoledì. Davanti la sede di Latina della cooperativa Karibu, tra le più note realtà pontine attive nell’accoglienza dei richiedenti asilo, nottetempo è comparso un vistoso striscione firmato CasaPound, affisso abusivamente su un cancello privato e rimosso in mattinata dalla polizia. Sopra, a caratteri cubitali, una frase: “Per una moda che ti veste ce n’è una che ti spoglia”. Citazione canterina di nicchia, ripresa da un testo di Massimo Morsello, cantautore di destra, nonché imprenditore, ex terrorista dei Nuclei armati rivoluzionari e cofondatore di Forza Nuova, morto anni fa in “esilio” a Londra. Perché quella frase? Nient’altro che un velato J’accuse riferito a una delle iniziative targate Karibu, il lancio del marchio “K Mare”, collezione di capi estivi – costumi, pareo, tuniche d’ispirazione etnica – prodotti dai richiedenti asilo ospiti della coop. Progetto d’inserimento che esordirà ufficialmente a giorni, ma su cui dal movimento della tartaruga hanno sparato bordate: “Siamo ancora una volta lo specchio della vostra cattiva coscienza, di fronte ad iniziative del genere, sponsorizzate su Facebook da foto piene di marche costose utilizzate dalla presidente e da riferimenti culturali vuoti siamo ad attaccare questa cooperativa che riesce in un colpo solo a coniugare il più spregevole consumismo con un business di finta solidarietà. Il dubbio che questo consumismo sia figlio dell’enorme introito di denaro che deriva dall’affare dell’accoglienza dei richiedenti asilo è forte, quasi una certezza”. Stoccate alla cooperativa, e nel contempo alla presidente, Liliane Murekatete. Nata in Ruanda, parla quattro lingue, ha alle spalle una lunga collaborazione col governo italiano e la Comunità europea sul tema dell’immigrazione. E qualche accessorio firmato di troppo, a sentire CasaPound, lesta a postare su Facebook delle foto prese dal profilo personale della donna.


La replica (indignata) e l’apertura targata Karibu

Ombre ingiustificate e infamanti, però, per la Murekatete. Sbalordita e piuttosto intimorita dall’accaduto, raccontano dalla Karibu. Da dove hanno sottolineato: “Liliane per l’attività di presidente non prende soldi”. Oltre al fatto che mai si sarebbero aspettati un attacco percepito come puramente personale. “Provo profondo rammarico dome donna per frasi esplicitate alla mia persona, che quotidianamente si impegna nel lavoro con umanità, dedizione, cuore e responsabilità”, ha detto la Murekatete, rimarcando l’amarezza nel vedere la propria immagine “divulgata in modo inappropriato” sui social. “Il mio istinto mi spingerebbe a rivolgermi alle autorità preposte, ma la razionalità ancora una volta mi induce a continuare ad auspicare un confronto costruttivo e una dialettica produttiva”. Le borse di marca, i vestiti costosi e quant’altro? Nessun soldo frutto dei migranti, giura: “Ho avuto una vita precedente nella quale ho lavorato e mi sono e mi sono potuta permettere abiti firmati”, ha detto a RadioLuna. “Siccome sono una donna di colore, non li posso indossare? Mi si accusa di averli comprati con i soldi della cooperativa? Non è così, vengano a vedere gli scontrini”. Non manca una citazione, questa volta di Martin Luther King: “Nulla viene dimenticato più lentamente di un’offesa, e nulla più velocemente di un favore”.

CasaPound: “Nessun razzismo”

Precisazioni, e una mano tesa per tentare la via del chiarimento. Che non è detto non ci sia: pur se col freno a mano tirato, da CasaPound si sono detti a loro volta pronti al confronto. A modo loro, certo: “Premettiamo che non abbiamo minacciato nessuno, lo striscione era firmato e rivendicato da un comunicato, quindi la pantomima vittimistica la rispediamo al mittente, come il vigliacco rifugiarsi dietro al razzismo, che proprio con questa storia non c’entra nulla”, hanno specificato. Per poi aggiungere: “Siamo sempre ben disposti ad incontrare chicchessia, ma allora vorremmo avere risposte sul giro di denaro legato ai richiedenti asilo e per esempio sulla vicenda di via Nascosa”. Ovvero il sequestro di fine 2017, per lavori non autorizzati, di una villa destinata all’accoglienza di richiedenti asilo ed il cui affitto era gestito dalla Karibu, che però si ritiene a suo modo parte lesa. Fissati paletti e condizioni per un eventuale incontro, CasaPound ha posto l’accento su quanto di buono fatto in questi anni. Lasciando spazio a distinguo al vetriolo: “Siamo una realtà che ha ospitato all’interno dello stabile di viale XVIII Dicembre 33 decine e decine di famiglie in emergenza abitativa, abbiamo raccolto tonnellate di alimenti, vestiti e generi di prima necessità per le famiglie in difficoltà economica, raccolto cibo per il canile comunale, intervenuto con raccolte e volontari nelle principali emergenze nazionali e la differenza tra noi, Karibu e qualsiasi altro professionista della solidarietà è che noi non abbiamo mai messo 1 euro nelle nostre tasche e che anzi abbiamo solo tolto soldi, tempo ed energie alle nostre famiglie per condividerle con i nostri connazionali in difficoltà”.

Il Comune: “Clima d’odio dannoso”

Insomma, una passerella su cui per ora sono sfilate le polemiche. Spingendo all’entrata in scena, tra un intervento e l’altro, dell’amministrazione comunale del capoluogo, che nel provare a gettare acqua sul fuoco ha ribadito “il proprio sostegno alle iniziative che si stanno avviando sul territori per l’inclusione sociale, di cui il marchio di abbigliamento e accessori ‘K’ è solo un esempio”. Presa di posizione seguita dalle parole di Patrizia Ciccarelli, delegata alle Politiche del Welfare: “Queste manifestazioni di intolleranza alimentano solo un clima di odio che oltre ad essere ingiusto è altamente dannoso perché rende più difficile il lavoro di chi è impegnato tutti i giorni a fronteggiare un problema complesso quale è quello degli effetti sui nostri territori dei flussi migratori, affrontati con politiche nazionali ed europee non sempre adeguate. Come amministrazione – ha chiosato – continueremo ad essere accanto a questi operatori e a supportare il loro lavoro in quanto riteniamo che solo insieme si possa fare in modo che la paura non prevalga sul sentimento di accoglienza e solidarietà insito nella maggioranza dei cittadini e delle cittadine di Latina”.