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Politica

"Il cartello 'Solo italiani' davanti al mio negozio? Non sono razzista, ma gli stranieri meglio a casa loro"

In questo negozio di Milano non possono entrare gli stranieri (e prima neanche i "comunisti")

"Solo italiani". La scritta in nero su un cartello esposto sopra una vetrina indica quali clienti sono ammessi e quali no. Non siamo nell'Italia degli anni Trenta, né nell'Alabama di qualche decennio fa. E neppure nel Sud Africa ai tempi dell'apartheid. Il cartello è spuntato pochi giorni fa a Dergano, un quartiere nella periferia Nord di Milano. E non è passato inosservato ai residenti, che hanno già postato foto e commenti su Facebook, provocando accese discussioni.

Sotto accusa la frase "solo italiani". Seguita da una sfilza di punti esclamativi a ribadire il concetto. Nel negozio – che "non è un negozio", tiene a precisare la proprietaria, ma che da fuori sembra averne tutte le fattezze – ci sono stender pieni di vestiti usati, tappeti e abiti che pendono anche dalle pareti. "Solo da donna, perché dopo essere stata rapinata tre volte, sempre da stranieri, ho eliminato la sezione maschile", dice ad HuffPost.

Elisabetta Invernizzi
Elisabetta Invernizzi 

La vetrina è in allestimento e non c'è nessuna insegna. Ma il locale, situato all'angolo tra via Livigno e via Abba, è aperto da un anno e porta il nome di 'Strix vintage'. Al suo interno ci sono abiti provenienti da produzioni cinetelevisive e set fotografici. Oltre al conto vendita di borse, scarpe, vestiti da sera, maglioni demodé, pellicciotti e camicie con lustrini e paillettes, offre anche un servizio di cartomanzia. "Un hobby", spiega Valeria Maria Guglielma Talignani, 50 anni, sistemando i tarocchi sparsi sul tavolino di vetro nel retro del locale. "Le mie clienti sono soprattutto straniere", dice ad HuffPost mentre sbuca dalla tenda fucsia che separa la zona riservata all'esposizione dal salottino con la cassa e le carte. "Per il mio compleanno mi hanno portato anche dei pasticcini fatti in casa". E quel cartello in vetrina cosa significa? "Non sono razzista", si difende mentre sorride a una signora di origine africana che passa in rassegna gli ultimi arrivi.

Tra libri di stregoneria, luci colorate al neon e la musica dei Nirvana in sottofondo, Valeria – che sul suo profilo Facebook non nasconde di strizzare l'occhio alla leader dell'estrema destra francese, Marine Le Pen, ed è iscritta a vari gruppi che inneggiano a Mussolini – spiega così il suo personale concetto di razzismo. "Prima avevo messo anche il divieto ai comunisti. Poi però l'ho tolto perché loro in fondo non sono così antipatici", scherza. "Anche se i miei genitori non mi fecero iscrivere all'accademia di Brera perché lì ce n'erano tanti". E gli stranieri cosa c'entrano? "Sarebbe meglio che stessero a casa loro. Perché qui si sta innescando una guerra tra poveri", conclude.

Elisabetta Invernizzi
Elisabetta Invernizzi 

Eppure sono in tanti i "diversamente italiani" che vivono a Dergano, un quartiere ad alto tasso di immigrazione dove la convivenza tra persone di diverse culture non è sempre facile. Proprio in queste strade, nel 2003, la Cia catturò l'imam egiziano Abu Omar mentre camminava verso la moschea. "Qui se lo ricordano tutti. Quando c'era la moschea eravamo più sicuri", dice Valeria. E sono in tanti i negozi che nella stessa via dello 'Strix vintage' hanno tirato giù la saracinesca negli ultimi mesi: una copisteria, un negozio di frutta. Altri locali, invece, sono vuoti da tempo. E i pochi commercianti ancora aperti non esitano a schierarsi dalla parte di Valeria, che racconta: "Ho ricevuto tanti messaggi di solidarietà. Quando sono stata rapinata e ho rincorso con il bastone un uomo di colore che era entrato nel mio negozio con la scusa di chiedere informazioni, la gente del quartiere mi incitava".

Le critiche le ha ricevute soprattutto sui social. "Ma a me hanno fatto solo un favore. Dopo quel cartello, le vendite sono aumentate", sorride la proprietaria che si definisce una bohémienne e dice di aver scelto lei stessa questa zona come una sfida. "Questo è un posto di frontiera. Ma non voglio farmi mettere i piedi in testa".

E a quanti la accusano di razzismo, lei risponde: "Sono razzista solo con i maleducati". E con chi le rovina gli incassi. Nel mirino gli stranieri. "Entrano qui con la scusa di chiedere informazioni per il Caaf ma in realtà vogliono solo vedere le donne mentre si provano i vestiti", dice Valeria, che nella vita è anche autrice di programmi televisivi con Barbara D'Urso e ha collaborato alla prima edizione del talent show 'The Voice'. Tanto che, confessa ad HuffPost, "questa attività a Dergano, in realtà, non è il mio vero lavoro". E allora perché quel cartello? "È una provocazione. Nessuno può venire in casa mia a dirmi cosa fare".

Elisabetta Invernizzi
Elisabetta Invernizzi 

Ecco perché Valeria da qualche giorno ha pensato di farsi giustizia da sé. Tutto regolare, dunque? "Se dai cartelli si passasse ai fatti, cioè a negare l'accesso o le prestazioni in un esercizio commerciale per motivi di intolleranza e discriminazione razziale, allora si può andare incontro a responsabilità penali", spiega il professore Gianluigi Gatta, docente di diritto penale all'università Statale di Milano, ricordando anche il caso di un barista condannato per essersi rifiutato di dare da bere agli extracomunitari.

Per ora però Valeria non ha nessuna intenzione di togliere quel cartello che campeggia davanti alle pareti lilla del suo locale. E chissà se prima o poi in quella via spunterà anche la scritta "vietato l'ingresso ai ragni e ai visigoti". Perché, come disse Roberto Benigni al piccolo Giosuè nel film La vita è bella,"ognuno fa quello che gli pare". Insomma lei gli stranieri (maleducati) "non ce li vuole". Il motivo? "Si vede che le sono antipatici".

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