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Esteri

Vaticano, Ue e banche: tutti i "no" alla Catalogna

Susana Vera / Reuters
Susana Vera / Reuters 

Si ispessisce il muro alla Catalogna. La Corte costituzionale spagnola ha bloccato la seduta del 'Parlament' catalano del prossimo 9 ottobre, nel corso della quale Carles Puigdemont avrebbe dovuto riferire in merito alla dichiarazione d'indipendenza unilaterale della regione. Il Vaticano ha detto "no" alla indipendenza. La questione catalana sta iniziando a mettere in fuga anche alcune aziende e banche: Banco Sabadell, il secondo istituto di credito della regione, ha deciso di spostare ad Alicante la sua sede sociale, proprio per il timore degli effetti che una eventuale dichiarazione d'indipendenza catalana potrebbe avere.

Porte chiuse alla Catalogna anche da parte dell'Ue. Il Commissario all'economia Pierre Moscovici ha affermato che l'Unione non accetterebbe mai l'ingresso della Catalogna tra i suoi stati membri: "Una Catalogna indipendente non sarebbe membro dell'Unione europea. L'Unione europea conosce un solo Stato membro: la Spagna". Per Moscovici, inoltre, la crisi può essere risolta solo all'interno dei confini spagnoli: Risolverla non spetta né a Parigi né a Bruxelles né ad altri", ha sottolineato.

La decisione della Corte costituzionale spagnola: "Stop alla seduta del Parlament del 9 ottobre"

Il gruppo indipendentista del parlamento catalano "Candidatura d'Unitat Popular" auspicava che la dichiarazione d'indipendenza unilaterale della regione avvenisse durante la prossima riunione plenaria del Parlament. La seduta, però, forse non ci sarà. A bloccarla una decisione della Corte Costituzionale spagnola che ha accolto il ricorso del partito socialista catalano. Per la Consulta la decisione è stata dettata dalla "speciale importanza costituzionale". La Corte ha inoltre stabilito che qualsiasi atto contrario alla sospensione della seduta sarà considerato "radicalmente nullo e senza valore effettivo alcuno". Da parte della Corte un monito ai deputati della regione: "È loro dovere impedire o paralizzare qualunque iniziativa che ignori o eluda la sospensione".

Le autorità catalane, però, sembrano non avere alcuna intenzione di ascoltare la corte spagnola: "Non permetteremo che la censura entri nel nostro parlamento", ha affermato la presidente dell'assise, Carmen Forcadell, che ha additato come "politicizzata" la decisione del tribunale costituzionale.

Antitetica rispetto alla decisione della Consulta anche una deliberazione del parlamento adottata prima del referendum del primo ottobre. I deputati catalani, infatti, avevano deliberato che se avesse vinto il "Sì" al referendum - come poi è avvenuto - sarebbe entrata in vigore una normativa di transizione che avrebbe avuto valore superiore a qualsiasi pronuncia dei tribunali spagnoli.

Alcune formazioni indipendentiste hanno chiesto che la seduta del Parlament sia anticipata a venerdì 6 ottobre nella quella Puigdemont dovrebbe riferire del referendum e delle sue conseguenze.

Il Governo catalano chiede la mediazione internazionale e invoca l'aiuto del Vaticano. Ma la risposta di papa Francesco è "no"

Il pontefice è contrario alle secessioni degli stati. Unica eccezione, il caso in cui la divisione sia motivata da un precedente processo di decolonizzazione. Per questa ragione, ha spiegato il Papa all'ambasciatore spagnolo presso la Santa Sede, Gerardo Bugallo, il Vaticano ha espresso a Bugallo la contrarietà della Chiesa verso ogni atteggiamento che non si basi sul rispetto della legalità.

A scrivere della speranza del governo catalano che il Vaticano potesse fare da garante per risolvere la crisi spagnola era stato il quotidiano La Razon. "Il mediatore non può uscire dall'Unione Europea - parte interessata nel confronto della Generalitat con il governo - e dunque ha segnalato tra le sue preferenze il Vaticano la cui competenza diplomatica è straordinaria e accreditata", ha sostenuto il giornale, citando fonti ben informate.

Fuga delle imprese: il secondo istituto di credito più importante della regione lascia la Catalogna

Aveva annunciato che stava valutando l'opportunità di lasciare la regione, per timore degli effetti negativi che un'eventuale secessione avrebbe potuto avere sull'economia catalana e, alla fine, la sede sociale di Banco Sabadell si sposterà davvero. Parte della banca si trasferirà ad Alicante, almeno per qualche mese. Lo ha deciso il consiglio d'amministrazione di quella che è la seconda banca più importante della Catalogna, la quinta della Spagna. La procedura -che non riguarderà il personale - sarà "molto rapida", riferisce il portavoce.

Banco Sabadell non è l'unica azienda in procinto di lasciare la regione: secondo Il Sole 24 Ore anche CaixaBank, il primo istituto bancario della Catalogna, starebbe valutando si spostarsi.

"Non ci sarà nessuna fuga", ha ribattuto Oriol Jonqueras, vicepresidente del parlamento catalano, sostenendo che alcuni indicatori economici mostrano un andamento opposto e non lasciano presagire l'abbandono della regione da parte delle imprese.

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