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Esteri

Il Nobel per la Pace va a ICAN, l'organizzazione contro le armi nucleari

Nobel Prize
Nobel Prize 

Campagna Ican

Il Nobel per la Pace 2017 va a ICAN, l'organizzazione non governativa per il bando alle armi nucleari che venne fondata nel 2007 e opera in circa 101 Paesi nel mondo. L'organizzazione - riferisce il comunicato del Comitato norvegese - riceve il riconoscimento "per il suo lavoro nell'attirare l'attenzione sulle catastrofiche conseguenze umanitarie di qualsiasi uso delle armi nucleari e per i suoi sforzi innovativi per arrivare al divieto delle stesse".

Il comitato per il nobel, nella sua Motivazione, ha spiegato che la campagna dell'ican "nell'ultimo anno", ha impresso "nuovo vigore agli sforzi per raggiungere un mondo senza armi nucleari". Certo, il comitato "è conscio del fatto che il divieto non eliminerà ogni arma nucleare, ma gli stati che hanno armi nucleari sanno che i loro alleati sostengono l'abolizione".

Questo premio, ha sottolineato il comitato norvegese, "è una richiesta verso questi stati ad iniziare una serie di trattative in modo da ottenere una eliminazione graduale e moderata delle armi nucleari nel mondo. Cinque di questi stati che hanno armi nucleari, Stati Uniti, Regno Unito, Russia, Francia e Cina si sono già impegnate in questo obiettivo".

Nel 2013 il Nobel per la Pace era stato assegnato all'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) e il Comitato lo aveva motivato con "l'impegno a favore dell'eliminazione delle armi e degli arsenali chimici nei vari scenari di guerra in tutto il mondo". Allora l'Opac stava supervisionando lo smantellamento delle armi chimiche in Siria.

Tanti i nomi dei papabili per il Nobel più atteso, rimbalzati negli ultimi giorni sui media di tutto il mondo. In Italia si sperava per il trionfo di Federica Mogherini, Alta rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ed ex titolare della Farnesina, a 110 anni dall'unico Nobel per la Pace dato a un connazionale (Ernesto Teodoro Monetan). La Mogherini era candidata possibilmente insieme al ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif e all'ex segretario di Stato Usa Joh Kerry per l'accordo sul nucleare iraniano.

Tra i 318 candidati, segnalati da accademici e associazioni, anche i cosiddetti "caschi bianchi" siriani, organizzazione umanitaria che si dedica a salvare i civili nelle zone di guerra che non sono sotto il controllo del governo siriano.

Alcuni, invece, avevano ipotizzano il trionfo di qualche oppositore di Trump, come Colin Kaepernick, il giocatore di football che per primo piegò il ginocchio durante l'inno americano in segno di protesta per le violenze contro gli afroamericani, oppure l'American Civil Liberties Union (Aclu), organizzazione per la difesa dei diritti civili negli Usa che spesso ha criticato il presidente.

Erano state date chance anche a coloro che nel mondo si occupano dell'emergenza migranti: dall'Alto commissiariato Onu per i rifugiati (Unhcr) alle isole greche che accolgono migliaia di profughi. A poche ore dall'annuncio del vincitore, tuttavia, i bookmakers avevano un favorito: è Papa Francesco, il cui impegno per la pace comprende i messaggi sul cambiamento climatico, il disarmo e le migrazioni.

E proprio sulla scia del tema dell'immigrazione anche quest'anno era tornata l'idea di un Nobel per la Pace a Lampedusa. Da tempo si chiedeva da più parti di premiare gli abitanti della porta d'Europa per il loro impegno nell'accoglienza, al di là di ogni polemica nazionale o europea.

Per quanto riguarda il Medio Oriente, invece, si erano fatti anche i nomi di Can Dundar e il quotidiano Cumhuriyet. L'ex direttore dello storico quotidiano turco oggi vive in un esilio in Germania dopo essere stato arrestato nel novembre 2015, imprigionato, processato e condannato in primo grado a 5 anni e 10 mesi di carcere con la condizionale. Nel giugno 2016 si è trasferito in Germania e ha lasciato la direzione del quotidiano, continuando però a scrivervi. Continua a essere nel mirino della procura turca e di Erdogan.

Infine, molti avevano pensato anche a Raif Badawi, il blogger saudita arrestato nel 2012 e successivamente condannato a 10 anni di prigione e mille frustate per aver insultato l'Islam attraverso il suo sito e con commenti in televisione. Dopo aver ricevuto le prime 50 frustate, i medici hanno fatto sapere che probabilmente non sopravvivrà alle restanti.

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