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Cultura

Che cos’è l'ultima moda svedese: lo "Swedish Death Cleaning"?

Viviamo in un periodo interessante. Da un lato s'assiste all'affermarsi della fast fashion — trend economici, e in un certo senso usa e getta, che questa settimana sono 'in' e la prossima sono già "out".

C'è perfino chi finisce (e qui le donne in genere sono più colpevoli degli uomini) per non indossare determinati capi più di un paio di volte — optando piuttosto per acquistarne di nuovi in vista del fine settimana, invece, di (Dio ci scampi!) indossare il medesimo vestito di un mese fa, quello finito sui social.

Inoltre il movimento del fast fashion si sta pian piano diffondendo all'arredamento di interni, tanto che possiamo osservare catene della grande distribuzione quali Target, Kmart e Big W tenersi al passo sfornando a gran ritmo collezioni d'oggetti per la casa che poi vanno in esaurimento nel giro di pochi giorni o settimane.

Ne consegue che all'interno delle nostre case (sempre più piccole) finiamo per avere un sacco di 'roba'.

Allo stesso tempo s'assiste all'ascesa del trend minimalista. La gente cerca attivamente di rimuovere dalla propria vita gli oggetti inutili nel tentativo di sentirsi più liberi, acquisire chiarezza mentale e ritrovarsi meno schiavi dello sballo dopaminico dato dall'acquisto di 'cose'.

Un'interessante intersezione fra queste due linee di tendenza si può notare nel processo noto come 'Swedish Death Cleaning'. Un nuovo libro, "The Gentle Art Of Swedish Death Cleaning", della svedese Margareta Magnusson, si concentra sul graduale sfrondarsi nell'autunno della propria vita, per prepararsi a ridurre al minimo i nostri beni materiali.

JAKOB OWENS UNSPLASH
JAKOB OWENS UNSPLASH 

In parte si tratta di un regalo che si fa ai cari che ci sopravvivono, così che non si ritrovino a dover gestire un mucchio di cose senza senso mentre sono a lutto. Il processo si rende sempre più necessario dal momento che a quelli della Generazione X tocca affrontare molta più "roba" — al momento della scomparsa dei propri genitori — di quanto non succedesse alle generazioni prima di loro.

La Magnusson, che di sé dice d'avere 'fra gli 80 e i cento anni", ha seguito una carriera da pittrice dopo aver precedentemente lavorato come designer nella moda e nella pubblicità.

Nel corso della sua carriera s'è ritrovata a traslocare 17 volte, sia in Svezia che all'estero. Ed è per questa ragione, sostiene, che ha "una certa competenza nello stabilire che cosa tenere e che cosa buttare".

Ma non bisogna certo essere anziani o di mezz'età per condividerne il punto di vista. Pensateci — quanta biancheria avete infilato in quel cassetto? Certo, ci sono libri meravigliosi che vorrete tenere con voi per sempre, ma avete davvero bisogno di conservare ogni romanzo e rivista che abbiate mai letto?

"A volte ti rendi conto della fatica che fai a chiudere i cassetti, o la porta dell'armadio. Quando succede, vuol dire che è decisamente arrivato il momento di farci qualcosa, anche se hai solo trent'anni", nota la Magnusson.

JAZ KING UNSPLASH
JAZ KING UNSPLASH 

La questione ovviamente si complica col trascorrere degli anni, specie se non si è inclini a buttare via le cose. Per culminare spesso nel processo fisicamente e mentalmente spossante della selezione, quando poi agli anziani tocca abituarsi a uno spazio abitativo più piccolo, o andarsene.

La Magnusson sostiene che, se attuato come si deve, questo approccio non solo facilita le cose ai propri cari un domani, ma ti permette di rivivere una vita intera di ricordi accumulati fra le proprie cose.

Nel libro la Magnusson consiglia di cominciare dagli oggetti privi di valore emotivo, come i vestiti e gli accessori del proprio guardaroba. Se si comincia dalle foto e dalle lettere si finirà probabilmente impantanati nei ricordi e nelle emozioni, stancandosene presto.

Inoltre [l'autrice] consiglia di gettare via tutti i ricordi più imbarazzanti prima di morire — meglio non lasciare in giro quelle foto oscene, o quelle pagine del tuo diario segreto, per poi farle scoprire ai figli.

Questo post è apparso per la prima volta su HuffPost Australia. Traduzione a cura di Stefano Pitrelli

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