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Politica

Sulle banche 'giglio magico' contro tutti: la mossa contro Visco concordata solo nell'inner circle di Renzi

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Un vero e proprio blitz per conquistare un'arma elettorale di difesa sul dossier più scottante per Matteo Renzi: le banche. La mozione del Pd contro il governatore di Bankitalia Ignazio Visco nasce così: nel cuore del 'giglio magico' del segretario, decisa in pochi nel partito e non concordata nemmeno con il premier Paolo Gentiloni. Oggi reagisce male persino il fondatore del Pd Walter Veltroni, che solo sabato scorso era con Renzi a festeggiare il decennale del partito al Teatro Eliseo di Roma. "Mozione incomprensibile e ingiustificabile", dice l'ex sindaco di Roma. E anche Giorgio Napolitano non si sottrae: "Mi occupo per la verità di altre cose. E non devo occuparmi delle troppe cose che ogni giorno capitano e sono deplorevoli".

Renzi, dal suo viaggio per l'Italia sul "treno dell'ascolto" partito ieri, resta gelato dall'attacco di Veltroni, ma non torna indietro. Soprattutto dopo l'audizione del procuratore capo di Milano Francesco Greco in commissione banche: i renziani la apprendono con sollievo.

Il lavoro di preparazione della mozione è partito nei giorni scorsi, quando nel giglio magico hanno dovuto decidere come e se rispondere alla mozione del M5s. Obiettivo: uscire dall'angolo, evitare di 'prenderle' in aula. Dunque, è partito il blitz. Ne era a conoscenza in pochi: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, il tesoriere Dem Francesco Bonifazi, il capogruppo del Pd Ettore Rosato che ha portato avanti l'operazione alla Camera, il senatore renzianissimo Andrea Marcucci che oggi dice: "Il Pd ha il dovere di dire la sua in trasparenza".

Al governo, nemmeno Dario Franceschini, pur dirigente di maggioranza Pd, pare ne fosse a conoscenza. E non lo era Carlo Calenda, il quale ieri sera ha spiegato la sua posizione al telefono con Renzi: d'accordo sul diritto di critica politica all'operato di Bankitalia, ma farne una mozione parlamentare è un'operazione sgangherata.

Soprattutto Gentiloni - che ha sempre avuto un rapporto diretto con Renzi almeno fino al pressing Dem per ottenere la fiducia sul Rosatellum - è rimasto spiazzato.Oggi in Senato dopo l'informativa in aula pre-consiglio europeo di domani, il premier si è intrattenuto a parlare per 20 minuti con il capogruppo Dem Luigi Zanda, vicino all'area politica di Gentiloni più che a Renzi. Zanda, che fin dall'inizio non era d'accordo sull'istituzione di una commissione d'inchiesta sulle banche proprio per difendere l'istituzione Bankitalia dagli attacchi, sulla mozione ha già detto la sua in mattinata: "Mozioni così meglio non farne".

Per non parlare del Quirinale, la cui irritazione è diventata pubblica subito ieri con una nota ufficiale. A sentire i rumors, su questa storia le cancellerie europee più importanti hanno reagito e Mario Draghi della Bce pure non ha affatto gradito l'attacco all'istituzione Bankitalia: in nome della stabilità.

Oggi mezzo governo resta sconcertato. E pure mezzo Pd. Il ministro Andrea Orlando chiede la convocazione dell'assemblea del gruppo: perché anche nel gruppo Dem alla Camera in pochissimi sapevano, sicuramente l'ufficio di presidenza era stato edotto, ma la maggioranza ha appreso al momento del voto.

Soprattutto però su Renzi piomba l'attacco a freddo di Walter Veltroni. E' l'unico attacco che lo affonda e, almeno per qualche ora, lo ammutolisce.

"Walter lo fa per difendere l'istituzione Bankitalia", ci spiega in Transatlantico Walter Verini, uno dei deputati Dem più vicini all'ex sindaco di Roma. "Ha sempre creduto nell'indipendenza di Bankitalia tanto che la citava come modello da imitare persino per la Rai – continua Verini – Un'istituzione che non può finire nella rissa elettorale".

Da Veltroni Renzi non se l'aspettava. E' la prima volta che gli piomba addosso un attacco diretto da parte del fondatore del Pd, l'unico della vecchia guardia che Renzi riconosce. Sul treno che da Fano lo porta al colle leopardiano di Recanati, il segretario prima non commenta, gelato dal frontale di Walter. Ma a Recanati rompe gli indugi. E insiste.

"Ciascuno si assumerà le sue responsabilità – dice ai cronisti - Certo è che se qualcuno mi viene a dire che questi anni in Italia nel settore delle banche non è accaduto niente, io dico che non è accettabile e di conseguenza la nostra mozione di ieri spiega con forza che c'è bisogno di scrivere una pagina nuova. Forse qualcuno che possa spiegarci cosa è accaduto nel senso di mancanza di vigilanza e dei problemi che si sono verificati, farà un favore non al Pd ma agli italiani". E ancora: "Chiunque sarà il governatore e le scelte che farà il Governo e le autorità preposte, avranno il pieno rispetto istituzionale da parte del Pd ma ieri la mozione l'ha votata il Pd sulla base delle indicazioni del Governo". Governo che prima di dare parere positivo ha cercato di limitare i danni, invitando il Pd ad ammorbidire la mozione.

O la va, o la spacca. Renzi sa che la storia delle banche, scoppiata sul caso Banca Etruria in piena Leopolda 2015, gli è costata in termini di consenso, anche da parte degli ambienti più influenti, quelli che lo avevano portato a Palazzo Chigi. E ora, a un anno dalla sconfitta referendaria, sa che l'unico modo per rilegittimarsi sono le elezioni. Dunque torna dai suoi 'duri e puri', lì decide le mosse, un po' come fece per scalare il Pd alle primarie che lo hanno eletto segretario nel 2013. Erano primarie aperte, Renzi non parlava solo agli iscritti, ma a un corpo elettorale più ampio. Ora prova a fare lo stesso gioco per uscire dall'angolo sulle banche, l'argomento più caldo di questa campagna elettorale, con la commissione d'inchiesta appena nata e già diventata arena elettorale.

Oggi per esempio la commissione ha sentito in audizione il procuratore capo di Milano Francesco Greco. E nelle sue parole i renziani trovano un assist forte, un sollievo dopo l'affondo di Veltroni. Greco ha detto che "nei controlli sulle banche c'è stato "una sorta di scarica barile" e che "della riforma delle autorità di vigilanza si parla da molto tempo, è difficile districarsi: bisogna decidere chi deve fare certe cose e chi no, perché c'è anche un accavallamento con la Bce, c'è una sorta di scaricabarile. Il sistema non è chiaro, per districarsi tra le autorità di vigilanza tra poco ci vuole un Tom Tom".

Non a caso Renzi rilancia da Recanati dopo l'audizione di Greco. Ora in Commissione banche potrebbe arrivare lo stesso Ignazio Visco, che si è già detto disponibile. I deputati di Alternativa Libera chiedono la convocazione di Federico Ghizzoni, l'ex ad di Unicredit citato nel libro di Ferruccio De Bortoli come terminale delle pressioni di Boschi su Banca Etruria. "Ci appelliamo al buon senso del presidente Casini", risponde Rosato sulle possibili audizioni in commissione, lì dove si catalizzerà gran parte delle tensioni elettorali.

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