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Politica

Anche Berlusconi si sfila con garbo. E si indebolisce il fronte pro-Visco

Alessandro Garofalo / Reuters
Alessandro Garofalo / Reuters 

Anche Silvio Berlusconi si inserisce, a modo suo, in questa vicenda di Bankitalia. Di fatto, facendo venir meno un pilastro, fino a ieri abbastanza granitico, di sostegno al governatore uscente. Arrivato a Bruxelles il Cavaliere sottolinea come Bankitalia non "ha svolto quel controllo che dalla banca stessa ci si attendeva, quindi non sono del tutto senza senso le volontà di un controllo su quello che si è verificato". Il che significa che è sacrosanta quella commissione di inchiesta che Forza Italia ha chiesto sin dal primo momento. Poi, sulla manovra di Renzi, "critica quella volontà da parte della sinistra di occupare tutte le poltrone di potere" per giunta prima delle elezioni.

Parole tutto sommato prudenti, ma molto diverse dai toni usati nei giorni scorsi da Brunetta, che più volte ha parlato di un "atteggiamento ripugnate" da parte di Renzi. E molto diversa dal tenace lavorio "istituzionale" di Gianni Letta che in questi giorni ha mandato a Visco segnali di sostegno e di appoggio incondizionato di Forza Italia perché "noi non staremo mai contro Draghi".

In definitiva è una partita nella quale il Cavaliere mette la faccia, ma fino a un certo punto: la contrarietà al metodo di Renzi, protagonista di una forzatura senza precedenti alla ricerca di un capro espiatorio da spendere alle elezioni, è temperata dalla conoscenza degli umori dell'opinione pubblica sul dossier banche. Su tutto, c'è la realistica consapevolezza che la partita è nelle mani altrui. Un alto in grado di Forza Italia dice: "Chi è che nel Pd si è schierato sulla linea del Colle? Napolitano, che è un ex capo dello Stato, Veltroni, che non ha il problema di rientrare il Parlamento. Zanda che ha le spalle larghe. Gentiloni, invece, difende la Boschi nel silenzio assordante di tutto il Pd. La verità è che sono tutti terrorizzati, perché le liste le fa Renzi".

Ecco, al netto di una posizione istituzionalmente corretta agli occhi di Mattarella, ma soprattutto di Draghi e della Merkel, non vale la pena di "morire per Visco", costruendo sulla sua difesa una campagna, considerando anche che i rapporti col governatore nominato proprio dal centrodestra sono stati, in questi anni, pressoché inesistenti. Viene meno così anche un altro un altro sostegno politico, in un Parlamento dove i sostenitori del governatore sono sempre meno, e sempre più taciturni. E se è vero che la scelta non spetta al Parlamento, è comunque un elemento per nulla irrilevante.

Sarebbe però sbagliato leggere in questo atteggiamento di Berlusconi solo un ammiccamento a Renzi, in quanto futuro partner di un governo di larghe intese. E non tanto perché fanno fede le parole del Cavaliere che, anche nel corso del vertice del Ppe, le ha escluse in quanto "con la sinistra ci sono distanze incolmabili".

La verità è che, come sempre accaduto in questi vent'anni, Berlusconi non punta mai solo su una prospettiva vincolante. L'attuale governo, a ben vedere, non è affatto ostile sui dossier contano davvero: di rottura del duopolio, per dirne una, non se ne è neanche parlato a proposito di interessi televisivi, né di una riforma che costringesse un'azienda cotta come Mediaset a investire per essere competitiva; i più maliziosi hanno visto anche nei palinsesti Rai, e relativi crolli di ascolti, un "aiutino a Mediaset"; su Telecom, la mossa della golden power, per dirne un'altra, è certo un'iniziativa di un ministro virtuoso, che pone il governo in una posizione terza e di garanzia, ma anche un'arma per il prossimo governo al fine di tutelare Mediaset dalle pretese di Vivendi.

Ed è chiaro perché, di fatto, manchi un'opposizione vera, incisiva (ricordate ai tempi del governo Prodi), anzi più volte, in queste settimane, Forza Italia è apparsa come una stampella, aiutando il governo quando i numeri erano traballanti. Non solo sulla legge elettorale: legge europea, scostamento di bilancio, vaccini, gli ultimi casi di soccorso azzurro. Dice un azzurro che va al sodo: "Per ora questo governo gli è utile e dunque ne sfrutta i vantaggi fino alla fine. Sul futuro gioca a vincere col centrodestra, sennò 'apre dopo'". Non a caso si è schierato a favore del referendum di Zaia e Maroni, anche con una certa malizia, perché è una causa che sta a cuore ai due governatori molto più che a Salvini. In caso di vittoria, proietterebbe sia l'uno sia l'altro su una dimensione nazionale, semplificando i rapporti con la Lega. Insomma, è tornato, eternamente uguale a se stesso. E domani è prevista la sua presenza a Capri, al convegno dei giovani industriali, set di tanti show nel passato.

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