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Politica

Il sì tiepido degli M5s al referendum del Nord. Big defilati per paura di perdere consenso in Sicilia

AFP/Getty Images
AFP/Getty Images 

Un sì tiepido e insieme tattico è quello dei 5Stelle al referendum consultivo di domenica sull'autonomia regionale di Lombardia e Veneto. I big pentastellati rimangono defilati, in fondo Luigi Di Maio è molto impegnato in Sicilia in una campagna elettorale che non consente distrazioni ma soprattutto sconsiglia di dare a M5s una fisionomia nordista alla vigilia delle elezioni nel territorio più a sud d'Italia. Alla strategia si sommano poi anche i dubbi interni e la presenza di alcuni comitati di attivisti grillini locali che su Facebook fanno campagna per l'astensione.

Un mix dunque che vede i vertici M5s muoversi con una certa "rigidità", così viene definito questo tipo di atteggiamento che lascia a deputati e senatori locali il compito di curare la campagna elettorale nelle città del nord, che comunque sia non possono essere trascurate essendo il vero tallone d'Achille dei pentastellati. Cioè comuni dove la Lega Nord e il centrodestra hanno il loro bottino di voti e dunque i grillini non possono fare a meno di esserci per provare a scalfirne il consenso in ottica nazionale. L'incrocio però del referendum con le elezioni siciliane impedisce ai vertici di fare una campagna elettorale in prima linea. Niente comizi e niente palchi: il referendum in casa 5Stelle è stato derubricato quindi a una questione territoriale e più che altro viene fatto volantinaggio nei mercati e nelle strade, con passaggi nelle tv locali dove i pentastellati si infervorano a favore del referendum. A Roma invece i toni rimangono più sobri.

È vero che mesi fa il blog di Beppe Grillo aveva ufficializzato la linea del sì alla consultazione, salvo poi parlarne il meno possibile, almeno fino ad ora. Quando Di Maio, appena nominato candidato premier, ha risposto a una domanda durante la festa di Italia 5 Stelle non a caso ha fatto in modo di non scontentare i siciliani facendo riferimento alla battaglia contro il Muos: "Noi stiamo sostenendo il referendum in Lombardia e Veneto. È l'idea costituzionale dell'autonomia territoriale che è sempre stata un nostro obiettivo che abbiamo portato avanti, soprattutto dal punto di vista delle decisioni politiche come nel caso della Tav o del Muos".

A tutto ciò si aggiunge la consapevolezza che la vittoria del sì al referendum, se vittoria sarà, verrà subito identificata con la Lega Nord e con il centrodestra, con Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Per non parlare del fatto che i governatori delle due regioni sono del Carroccio: Roberto Maroni e Luca Zaia. Ed è così che, in questo momento politico, in cui i grillini bollano la Lega come "traditrice politica" che si è accordata con Matteo Renzi e Berlusconi sulla legge elettorale per far fuori loro, è quanto mai imbarazzante una campagna referendaria sulla stessa lunghezza d'onda. Ma dall'altra parte non si può lasciare che la consultazione diventi un'arma nelle mani del Carroccio.

Per questo Federico D'Incà, deputato del nord, mentre distribuisce volantini nei mercati del Veneto, prova a prendere le distanze sottolineando che "il quesito referendario della Lombardia è stato richiesto da M5s. E in Veneto questo è il referendum dei veneti e non del governatore Zaia. Noi abbiamo discusso da sempre di queste problematiche e abbiamo sempre detto che è giusto il regionalismo differenziato come prevede la Costituzione". E i costi di questo referendum che si aggirano intorno ai 64mila euro? "Abbiamo chiesto che venisse pagato con il taglio dei costi della politica". "Sarà un voto rivoluzionario – aggiunge D'Incà - perché può cambiare l'assetto istituzionale del nostro Paese". A parte Riccardo Fraccaro, che fa parte dei vertici del Movimento e viene chiamato in causa per le sue origini venete, tutti gli altri big tacciono. Un silenzio concordato per essere presenti al nord con i rappresentati locali e mantenere i voti al sud.

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