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Politica

M5S si interroga sulle alleanze post-voto

ANSA
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"E' ovvio che, il giorno dopo le elezioni, il movimento Cinquestelle dovrà porsi, come tutti, il problema delle coalizioni". Ore 19 e 30 di mercoledì pomeriggio, siamo nella sede della quotata società di lobbying Open Gate, nei pressi di Piazzale Flaminio. La monotonia di un convegno a porte chiuse sul Rosatellum viene improvvisamente rotta dalle parole del deputato 5 stelle Andrea Cecconi, invitato come relatore, come riportato all'Huffpost da tre fonti diverse presenti all'incontro.

I colleghi e gli addetti ai lavori presenti, visibilmente meravigliati, interrompono la relazione di Cecconi e gli chiedono di ripetere scandendo bene le parole, a scanso di equivoci. Accanto a lui sono seduti Francesco Paolo Sisto ed Emanuele Fiano, i grandi sherpa delle questioni elettorali rispettivamente di Forza Italia e Partito democratico, Andrea Mazziotti, presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, oltre al professor Giovanni Guzzetta e ai padroni di casa Andrea Morbelli e Laura Rovizzi.

Lo stupore non è casuale. Cecconi è stato un influente capogruppo del Movimento a Montecitorio. E la sua partecipazione al convegno non è a titolo personale. Doveva esserci Andrea Toninelli, il regista del dossier per quanto riguarda gli uomini di Beppe Grillo. Cecconi è stato scelto per sostituirlo, porta in quel consesso la posizione ufficiale dei 5 stelle.

Il diretto interessato, meravigliato della meraviglia dell'uditorio, ribadisce il concetto e con disinvoltura abbatte per, la prima volta in modo così esplicito, il tabù che vede dalla sua fondazione M5s incompatibile con qualsiasi accordo politico organico con le altre forze politiche, le forze nate e cresciute in quell'establishment il cui abbattimento è il fine ultimo della sua nascita.

Cecconi ha usato la carta del fraintendimento. Argomentando sul fatto che in Parlamento, nella legislatura che si appresta a concludersi, l'atteggiamento del Movimento, sui singoli provvedimenti, non è stato sempre di chiusura netta. E sottolineando che la posizione dei 5 stelle è sempre stata quella di non sottrarsi a intese sui singoli punti del programma, votandoli con chiunque ci fosse stato (modello Sicilia, remember?).

Non a caso nei giorni scorsi, in un'intervista, il candidato grillino alla presidenza della Regione Sicilia Giancarlo Cancelleri aveva in qualche modo anticipato l'uscita di Cecconi, parlando di "aperture" e di "convergenze" post-voto. Ma in quel caso si riferiva, a differenza di Cecconi, alla politica locale, e non al governo del Paese.

Comunque tutti i presenti lo ribadiscono inequivocabilmente. A Cecconi è sfuggita quella parolina precisa che il mondo grillino ha sempre rifiutato: "alleanze". E si è riferito esplicitamente a un'alleanza post voto. Una presa d'atto, dunque, del meccanismo introdotto dalla legge elettorale in via di approvazione a Palazzo Madama, contro cui, in ogni caso, M5s ha chiamato a raccolta ancora una volta la piazza e ha reiterato l'appello al Capo dello Stato affinché la blocchi. Il Rosatellum, fatto salvo improbabili rivoluzioni copernicane, non consentirà alla banda Di Maio di ottenere una maggioranza parlamentare, anche se arrivassero primi nella competizione a tre con il Pd e il centrodestra. E anche il negazionista più duro fra gli stellati ha ben chiara una cosa: se si vuole uscire dalla testimonianza e entrare finalmente a Palazzo Chigi, i soli voti 5 stelle non basteranno mai.

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